1.1 Scosse nella popolazione cattolica in Slovacchia
Sul rapido deflusso dei credenti e le sue possibili cause
1.2 Facciamo del bene a tutti, ma soprattutto ai membri della nostra fede
Sull'immigrazione non cristiana e non europea in Europa
1.3 Intercedi per noi, Madre dei Sette Dolori
Sulla cura di Cirillo e Metodio per gli idoli pagani come Pachamama
1.4 Arcivescovo Róbert Bezák Superstar
Sul «Cardinale Schönborn» slovacco e l'omoeresia
1.5 Il vaccino è la libertà. La guerra è pace
Sulle chiese chiuse, la comunione in mano, e sull'opzione in caso di estremo bisogno che è diventata un obbligo morale
1.6 Anni di spargimento del sangue di Cristo «per tutti»
Sulla riluttanza slovacca di revisionare le parole della consacrazione
2.1 Chi sono i perplessi cattolici slovacchi?
Su cattolici che conducono una lotta interiore per obbedire a un'autorità che li porterebbe a commettere dei peccati o a negare la fede nella sua integrità
2.2 Solo per non scivolare nella mera teatralità...
Sui «guardiani della tradizione» che proteggono la tradizione da sé stessa
2.3 Solo cinque parole da dire nella lingua del popolo
Sulla Messa e la lingua portata al popolo slovacco dai santi Cirillo e Metodio
2.4 La nazione slovacca come amica delle vecchie condizioni
Sulla breve filosofia nella storia della nostra nazione che evita le rivoluzioni
2.5 Un bacio alla nazione — uno schiaffo alla tradizione
A proposito del Consiglio, che l'esule slovacco ha inteso come una vittoria delle ambizioni nazionali
2.6 Rondini slovacche dello spirito del progresso
Sull'idolatria rivoluzionaria, sublime, che divora i suoi figli
come cattolici romani, abbiamo accolto la notizia della storica visita nella nostra patria dello stesso Sommo Pontefice di Roma, che è visibilmente a capo della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, un tempo così cara alla nostra nazione slovacca. La visita di Sua Santità è stata programmata dal 12. al 15. settembre di quest'anno (2021). Nello stesso tempo, abbiamo accolto con dispiacere notizie sulla salute di Sua Santità che sta peggiorando, e notizie che, di conseguenza, la visita di Sua Santità in Slovacchia potrebbe non avere luogo come previsto o affatto. Tuttavia, i fatti che vogliamo presentarvi in questo rapporto non possono più essere rimandati.
Comunque andrà a finire, forse molti sacerdoti slovacchi a Roma sono già riusciti a far conoscere a Sua Santità la nostra antica tradizione slava di accogliere gli ospiti con pane e sale. Non è insolito accogliere con il pane, che chiediamo ogni giorno al nostro Padre Dio nella preghiera del Padre Nostro — ma perché diamo benvenuto anche con il sale?
Il nostro genuino folclore[1], che si tramanda di generazione in generazione, ha conservato la credenza dei nostri antenati dai tempi precristiani che «il sale vale più dell'oro»; cioè, che in certe circostanze il sale può essere materialmente più prezioso di tutto l'oro e le pietre preziose di questo mondo. Nostro Signore Gesù Cristo, tuttavia, nella coscienza della nostra nazione, ha innalzato la percezione del valore del sale da qualcosa di terreno e materiale a qualcosa di superiore spirituale, quando si è riferito agli apostoli come «il sale della terra». (Mt 5,13) e «la luce del mondo» (Mt 5,14). Da allora, insieme la Chiesa crediamo che proprio come il sale impedisce la putrefazione di ciò che viene salato con esso, così anche gli Apostoli, i loro successori e seguaci devono preservare l'umanità dalla putrefazione spirituale e dal contagio morale, che di solito è radicato in ciò che crediamo, ovvero in ciò che non siamo disposti a credere.
Perché se il sale perde il suo sapore e diventa stantio, come il sale degli ebrei[2], con cosa lo saleranno? Se gli apostoli, i loro successori e seguaci non proteggeranno le nazioni dal contagio morale, allora chi lo farà?
Stesso Salvatore in questa parabola comanda agli apostoli di non essere timidi nell'uscire con la verità per paura o per considerazioni umane, altrimenti non solo non sarebbero di alcuna utilità per gli altri, ma essi stessi perderebbero la fede — e li chiama a farlo dicendo: Lasciate che la vostra luce risplenda davanti agli uomini! (cfr. Mt 5,16) Nella sua lettera ai vescovi tedeschi, Papa Benedetto XVI aggiunge: «I molti portano responsabilità per tutti. La comunità dei molti deve essere luce sul candelabro, città sul monte, lievito per tutti.» [3]
Per questo, Sua Santità, a differenza dei nostri fratelli che La accoglieranno come il re della nostra semplice favola con oro immaginario e pietre preziose — noi, non pochi perplessi cattolici slovacchi — La accogliamo soprattutto con il sale amaro del Vangelo.
Abbiamo salato questo messaggio con l'impotenza di coloro che non appartengono a quella Chiesa cattolica senza problemi, quale riesce di identificarsi con il mondo in tutte le circostanze, di collaborare con esso in tutte le condizioni, e adeguarsi ad esso in tutto.
La nostra perplessità non è solo risultato degli ultimi anni quando la velocità e profondità dell’adattamento della Chiesa al mondo ha raggiunto livelli così alti, che le regole quali la nostra generazione precedente considerava ancora immutabili, stano cambiando proprio davanti ai nostri occhi. I cattolici nella nostra patria — così come l'intero mondo cattolico, di cui la nazione slovacca fa parte da quasi 1160 anni — stanno barcollando sul precipizio della distruzione spirituale da diversi decenni.
Uno dei Suoi predecessori, Papa Giovanni XXIII. (* 1881 — † 1963), ha rifiutato di ascoltare ai «profeti della rovina». Oggi non è più necessario ascoltare questi profeti della distruzione, e non c’è bisogno nemmeno profetizzare la rovina — la rovina è già qui. Non sono più le nostre orecchie che dobbiamo tapparci, adesso dovremmo chiudere gli occhi per non vederla.
Allora che possa servire il sale evangelico di questo messaggio al beneficio spirituale per i nostri nella nazione e per l'intera «ecclesia militans», cioè la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica che ancora lotta in questo mondo per la salvezza delle anime.
I.
Ma lo spirito cattivo rispose loro:
«Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?».
(At 15, 12)
Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé... compagni di viaggio di Paolo. Paolo voleva presentarsi alla folla,
ma i discepoli non glielo permisero. [...] Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
...si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore:
«Grande è l'Artèmide degli Efesini!».
(At 19, 29 e 30 e 32 e 34)
1.1
Scosse nella popolazione cattolica in Slovacchia
Sul rapido deflusso dei credenti e le sue possibili cause
1.1.1 Sua Santità, così come mondo intero, anche la Slovacchia sta affrontando continuo calo dei cattolici credenti. Questo fatto non cambiano neanche le statistiche abilmente interpretate dall’interno della Chiesa, che rifiutano di vedere l’aumento della popolazione mondiale e parlano di un aumento di cattolici nel mondo solo in termini di numeri assoluti. Il contesto, in cui è evidente che l’Europa e sua figlia America stanno perdono constantemente migliaia di cattolici — per apostasia, eresia o declino morale — è trascurato e marginalizzato.
1.1.2 Perciò, Sua Santità, dobbiamo innanzitutto informarLa che la nazione slovacca non è più una nazione la cui maggioranza sta praticando la fede cattolica con vera sincerità. Nel 2011, quasi tre quarti di [4]tutti i cittadini slovacchi si sono iscritti alla fede cattolica come cattolici nominali. Tuttavia, di questi, secondo altre indagini, meno della metà partecipa alla messa almeno una volta alla settimana (circa il 43%). Se prendessimo questa cifra come guida per determinare se sono cattolici praticanti, avremmo scoperto che in Slovacchia nel 2011 potevamo contare su non più di un terzo (31%) dei cattolici praticanti, che rappresenta qualcosa intorno al milione e mezzo di anime. [5]
1.1.3 Tuttavia, indice della crescita del numero totale di cattolici praticanti in Slovacchia negli ultimi decenni suggerisce — e i primi rapporti del recente censimento della popolazione lo confermano nel significativo calo del numero di cattolici nominali — Lei come loro Santo Padre sarà percepito in Slovacchia nello scenario più ottimistico possibile da meno di 20% dei cattolici dichiarati rispetto come è stato durante ultima visita apostolica di Papa Giovanni Paolo II. (* 1920 — † 2005) nel 2003.[6]
1.1.4 Dove cercare la causa di questa triste situazione? Non è possibile continuare a giustificare la secolarizzazione come causa principale di questo declino. La Chiesa è santa, ma i suoi pastori sono peccatori, e quindi una parte della colpa va cercata anche da parte loro. Se sono il «sale della terra», devono prendere la propria parte della responsabilità per lo stato attuale delle cose. È chiaro, tuttavia, che la loro colpa nella progressiva secolarizzazione del mondo non consiste nel mancato l’adattamento della Chiesa al mondo così, come ci è stato costantemente ricordato negli ultimi sessant'anni. I pastori hanno adattato la Chiesa al mondo in una misura senza precedenti nella sua storia, ma il risultato mostra che nessuna «nuova Pentecoste» — promessa dai Padri del Concilio Vaticano II — sta arrivando. È logico, quindi, che i cattolici perplessi comincino a cercare le cause del declino proprio in questo continuo adattamento al mondo.
1.1.5 Se in più prendiamo in considerazione che Sua Santità è percepita dai fedeli in Slovacchia soprattutto attraverso argomenti come il sostegno del'immigrazione, l'introduzione della dea pagana Inca Pachamama nelle chiese cattoliche, la possibile riapertura del caso dell'ex arcivescovo destituito Róbert Bezák, o il sostegno non critico alla vaccinazione con vaccini sperimentali, che sono stati testati, sviluppati o direttamente prodotti usando colture di cellule embrionali e fetali derivate da aborti forzati — allora non c'è da meravigliarsi che la reputazione di Sua Santità abbia sofferto oltre quello che poteva essere considerato, fino ad ora, un «costante, persistente callo» nella popolazione cattolica.
1.1.6 Aggiungiamo a questo anche umile servilità dei nostri padri vescovi verso il potere dello stato, che durante il pontificato di Sua Santità si è manifestato per esempio così, che durante l’epidemia del nuovo coronavirus siamo stati il secondo paese in Europa con la più lunga chiusura delle chiese.
1.1.7 Non parlando del fatto che i vescovi slovacchi stano apertamente comunicando che l’incotro con la Sua Santità a Prešov, Košice e Šaštín, è condizionato dalla «piena vaccinazione» — obbligando così indirettamente quei fedeli cattolici che hanno esercitato un'obiezione di coscienza alla vaccinazione con vaccini moralmente compromessi, o che non si sono vaccinati con un vaccino sperimentale per prudenza, a cambiare la propria decisione.
1.1.8 Sotto questa luce, come dovrebbe percepire il comune credente il fatto che ancora prima che i vescovi slovacchi aprissero la registrazione ufficiale per gli eventi con Sua Santità il 13 agosto 2021, un'altra registrazione — una registrazione segreta per gli eletti organizzata dall'Ufficio parrocchiale di Bratislava-Vajnory[7]— era già chiusa il 9 agosto 2021? Quello che si è iniziato a sussurrare da diritto ai cattolici di chiedersi se la Sua Santità potrà accogliere all’aeroporto un'altra casta di circa cinquecento fedeli che — a differenza di tutti gli altri — non hanno bisogno di essere vaccinati, ma basterà un test PCR negativo per la presenza del nuovo coronavirus? I cattolici perplessi si chiedono: Hanno venduto i vescovi novantanove pecore allo stato per ottenere il sollievo per una pecora?
1.1.9 Aggiungiamo a questo anche la richiesta della Conferenza episcopale slovacca (di seguito «KBS») indirizzata alla Santa Sede per ottenere il permesso permanente di dare la Santa Comunione del Corpo di Dio in mano per tutta la Slovacchia, e otteniamo così un’immagine dei confini spirituali che hanno diviso già decimate file dei cattolici in Slovacchia sia dentro che fuori con filo spinato, come forse solo i nostri padri dai tempi del comunismo ricordano...
1.2
Facciamo del bene a tutti, ma soprattutto ai membri della nostra fede
Sull'immigrazione non cristiana e non europea in Europa
1.2.1 Sua Santità, la popolazione cattolica in Slovacchia non è una «sterile Sara» che deve necessariamente essere «fecondata da rifugiati» provenienti da nazioni non cristiane e non europee.
1.2.2 Secondo l'Atlante demografico della Repubblica Slovacca[8] del 2014, le differenze tra i principali indicatori demografici — come i tassi di fertilità, matrimonio e divorzio — non stanno diminuendo nelle diverse regioni della Slovacchia. Al contrario, rimangono stabili, mostrando che le aree con un'alta percentuale di credenti «meno progressisti» hanno tassi di fertilità e di matrimonio più alti e tassi di divorzio più bassi rispetto alle regioni più progressiste e atee. Nel nord—ovest della Slovacchia — nel distretto di Námestovo — dove c'è una popolazione omogenea di cattolici slovacchi «meno progressisti», il tasso di crescita della popolazione tra il 2009 e il 2013 è stato superiore all'11%.
1.2.3 Slovacchia ha tra i paesi della Comunità Europea nonostante tutte le avversità ancora una delle più grandi rappresentanze del popolo indigeno europeo e cristiano (slovacchi, moravi, cechi, polacchi, ucraini, russini, e ungheresi di origini slave). Per questo, durante la crisi migratoria negli anni 2014 e 2015, le dichiarazioni della Vostra Santità a sostegno dei processi del nuovo ordine mondiale, in cui avviene scambio di popoli indigeni e cristiani d’Europa con nuovi popoli non cristiani, hanno toccato da vicino moltissime famiglie cattoliche slovacche.
1.2.4 I padri di queste famiglie spesso fanno i pendolari nei paesi dell'Europa occidentale per lavoro e lottano quotidianamente per provvedere ai bisogni spirituali e materiali dei propi figli. Secondo stime recenti, potrebbero essere perfino trecentomila dei nostri compaesani che lavorano in Europa occidentale o negli Stati Uniti. Ecco perché i padri e le madri di queste famiglie trovano molto difficile accettare di sentirsi accusati per non essere in grado di assumersi la responsabilità di rifugiati prevalentemente musulmani.[9]
1.2.5 Tuttavia, le parole di San Paolo sono state spesso strumentalizzate dai media contro le famiglie cattoliche slovacche: «Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.»[10] (Gal 6,10), mentre i sostenitori della «cultura della morte» si riferivano proprio alla interpretazione della Sua Santità di chi faccia parte della «famiglia dei credenti». Questa interpretazione ha confermato di seguito la Sua Santità con la pubblicazione dell’enciclica «Fratelli Tutti» (2020).[11]
1.2.6 Comprendiamo che questa Sua enciclica, il linguaggio usato in essa, e le dichiarazioni di Vostra Santità sull'argomento molto prima della sua pubblicazione, sono in pieno accordo con la costituzione «Nostra Aetate» (1965) del Concilio Vaticano II, che ci chiama a: «...a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.» [12]
1.2.7 Tuttavia, dimenticare il passato per noi — perplessi cattolici — ci impedisce testo della Sacra Scrittura stessa e la tradizione cattolica custodita nella Vulgata Sixto—Clementina, dove sono le parole di San Paolo Apostolo chiaramente tradotte come «... operemur bonum ad omnes, maxime autem ad domesticos fidei» [13], nella traduzione slovacca del 1912 come «...facciamo del bene a tutti, ma soprattutto ai membri della nostra stessa casa» [14] e nella traduzione slovacca del 1945 come «...facciamo del bene a tutti, ma soprattutto ai membri della nostra stessa fede!» [15]
1.2.8 La nostra santa e unica vera fede, che abbiamo ereditato dai nostri antenati, è la fede cattolica, e né i musulmani, né gli ebrei, né i buddisti appartengono alla nostra famiglia di credenti secondo la tradizione. Inoltre, la morale cattolica conosce l'insegnamento dell'ordine del servizio al prossimo, secondo il quale il grave bisogno materiale immediato viene prima e obbliga ad agire immediatamente ed efficacemente. Tuttavia, quando i bisogni sono molti e le opzioni sono limitate, è impossibile aiutare tutti e in tutto allo stesso modo. I membri più vicini della famiglia vengono prima di tutto. Poi i membri della nostra fede. Il grande bisogno spirituale ha la precedenza sul minore bisogno materiale, e così via.[16]
1.2.9 Però non solo la fede rivelata ma anche la luce della semplice ragione ci comanda di ricordarsi che la possibile distruzione della cultura, la quale potrebbe essere provocata con il flusso non controllato di masse di migranti di etnie sconosciute e di religioni non cristiane, si potrebbe ritorcere a sfavore di migranti stessi. Il collasso — sia economico che civile — che ci minaccia significherà che non ci sarà più niente da cui offrire aiuto a nessuno e al contrario il risultato alla fine dell’intero sconsiderato sostegno dell’immigrazione sarà la crescita dell’etnocentrismo pagano, che, non frenato dalla morale cristiana, porterà a conflitti sanguinosi.
1.2.10 Il sostegno di queste tendenze — dalla parte di Sua Santità — ha creato la confusione tra i cattolici, ma ha anche causato imbarazzo tra i non credenti che giustamente invocano nello stesso modo un po’ di sana ragione. Nonostante tutto questo, però, dobbiamo dire che sulla questione dell'immigrazione non cristiana, sia i credenti che i non credenti in Slovacchia nel 2014—2015 hanno sentito che il clero slovacco ha preso le loro difese e per la prima e anche l’ultima volta, come dire, si è opposto a ciò che veniva da Roma.
1.3
Intercedi per noi, Madre dei Sette Dolori
Sulla cura di Cirillo e Metodio per gli idoli pagani come Pachamama
1.3.1 È previsto che Sua Santità celebri la Santa Messa il 15 settembre, proprio per la festa della Vergine Maria, a Šaštín, nella basilica nazionale dedicata alla Madre dei Sette Dolori, tanto cara alla nostra nazione.
1.3.2 Anche se la venerazione della Vergine Maria dal nostro popolo testimoniano riferimenti sulle chiese consacrate sul nostro territorio già nel 13. secolo, soltanto il papa Pio XI. (* 1857 — † 1939) ci permisse con il suo decreto «Celebre apud Slovachiae gentem», cioè in traduzione «Gloriosa per il popolo slovacco», del 22. aprile 1927, di usare alla fine di litanie lauretane la invocazione «Ora pro nobis, Virgo Dolorosissima», ovvero «Prega per noi Madre dei Sette Dolori.» Con questo de facto Pio XI. ci ha concesso di venerare Beata Vergine Maria dei Sette Dolori come la patrona della nazione slovacca.
1.3.3 Anche se il nostro popolo ha una storia molto ricca e conosce diverse dee pagane, come per esempio Lada oppure Vesna — le dee slave dell’amore, della primavera, del matrimonio, della semina e raccolto, oppure dea Mokoš — dea slava della fertilità e della terra, non ci è mai nemmeno passato per la mente di introdurre queste false dee pagane o loro simboli nelle nostre chiese o di invocarli, e tanto meno raffigurarli con simboli della Beata Vergine Maria Immacolata, Madre di Dio — Theotokos
1.3.4 Ecco perché i cattolici slovacchi sono stati profondamente scossi quando abbiamo visto Sua Santità pregare durante il Sinodo in Amazzonia nell'ottobre 2019 davanti alla statuetta di legno di una donna incinta, che è una rappresentazione di Pachamama, la dea pagana inca della terra, che è ancora oggi venerata dai popoli che abitano le Ande in tutto il Sud America. Addirittura, per decisione di Sua Santità, questo simbolo del paganesimo è stato introdotto nelle chiese romane.
1.3.5 Quindi prima che la Sua Santità celebrerà la santa messa il giorno della solennità della nostra patrona, Vergine Maria dei Sette Dolori in Šaštín, dovrebbe sapere che compatroni di Europa ed evangelizzatori slavi Cirillo e Metodio all’arrivo nel nostro paese hanno sradicato con grande impegno e gioia tutti santuari pagani[17] della fede primitiva e distrussero le rappresentazioni di idoli pagani come erano Lada, Vesna o Mokoš — mentre ultima di esse si può paragonare per i suoi attributi a Pachamama.
1.3.6 Proprio per questa continua tradizione di distruzione degli idoli pagani nella nostra nazione, Sua Santità, non possiamo essere d'accordo con le sue parole dell'Esortazione Apostolica Post-Sinodale «Querida Amazonia» (2020) secondo quali: «È possibile recepire in qualche modo un simbolo indigeno senza necessariamente qualificarlo come idolatrico. Un mito carico di senso spirituale può essere valorizzato e non sempre considerato un errore pagano.»
1.3.7 Al contrario, con il suo fervore per la fede, ci ha ricordato nostri santi Cirillio e Metodio un giovane uomo militante tradizionalista austriaco, signor Alexander Tschugguel (* 1993), il quale molto coraggiosamente insieme ai suoi compagni ha preso le statuette di Pachamama dalla Chiesa e le ha gettate in Tevere.
1.3.8 In accordo con la tradizione cattolica, crediamo che la Vergine Maria sia la vincitrice di tutte le eresie, e quindi chiunque cerchi di distruggere la fede cattolica sta cercando cercano in primis di cancellarle Vergine Maria dai nostri cuori oppure di sostituirla con qualcos’altro.
1.3.9 Il Cuore Immacolato di Beata Vergine Maria alla fine ha sempre vinto! [18]
1.4
Arcivescovo Róbert Bezák Superstar
Sul «Cardinale Schönborn» slovacco e l'omoeresia
1.4.1 Sua Santità, già alcuni mesi prima del Suo arrivo in Slovacchia, mons. Róbert Bezák (* 1960), l'arcivescovo destituito di Trnava, al quale la Santa Sede ha proibito di parlare della sua causa ai media, si è lasciato sfuggire che con Lei «ha mangiato il gelato papale» e «ha celebrato la Santa Messa, il che lo ha fatto sentire riabilitato».
1.4.2 Ricordiamo che Mons. Róbert Bezák è stato il 18. Aprile 2009 nominato da Papa Benedetto XVI. alla funzione di arcivescovo dell’arcidiocesi di Trnava e successivamente il 6. Giugno 2009 ha ricevuto la consacrazione episcopale a Trnava — nostra Roma slovacca — dalle mani del cardinale Jozef Tomka. Nei giorni dal 22. gennaio fino al 1. febbraio 2012 ha Mons. Ján Baxant (* 1948), vescovo ceco di Litoměřiice, ha condotto visita canonica nella arcidiocesi di Trnava. Sulla base dei documenti di questa visita il papa ha rimosso di seguito il 2. Luglio 2012 Robert Bezak dalla funzione del capo della curia di Trnava. [19]
1.4.3 Chi è dunque mons. Róbert Bezák?
1.4.4 Nel 2014 è stato pubblicato un libro su di lui dal gesuita slovacco padre Šebastián Labo, SJ (* 1931 — † 2014) con il titolo «Róbert Bezák: la verità sull'arcivescovo destituito»[20] , che, secondo le parole dello stesso padre Labo, doveva essere tradotto in italiano da Sua Eccellenza Mons. Mario Giordana (* 1942), all’epoca Nunzio apostolico in Slovacchia.
1.4.5 Il libro ripercorre alcune delle innumerevoli lettere di sacerdoti e fedeli sul mandato durato nemmeno tre anni di Mons. Robert Bezak nella funzione di arcivescovo di Trnava.
1.4.6 Pater Labo nel libro che ha la forma di una lunga lettera personale, chiama Mons. Bezák «protestante travestito» e descrive esempi della sua fede alquanto meno controversa, che il vescovo destituito ha presentato nei media slovacchi. Mons. Bezák in pubblico ha messo in dubbio la presenza reale di Corpo di Gesù nell’Eucaristia, in più ha dichiarato che è possibile essere nello stesso tempo sia in cielo che nell’inferno, ovvero dalle sue parole si poteva capire il concetto che l’inferno è un posto fisico nel paradiso, nel quale dovremmo vivere anche senza meritarselo.
1.4.7 Bezák è salito pure sul podio del più grande festival in Slovacchia, festival Pohoda, il quale oltre a propagare i rapporti sessuali liberi, è anche il più grande evento politico-culturale ed ideologico con la sua propagazione di liberalismo in Slovacchia. È anche noto[21] per i suoi abusi liturgici, quando ha celebrava le sante messe per i bambini con giocatoli di peluche oppure le sue messe in stile rock. [22]
1.4.8 Il ministero episcopale di mons. Bezák assomigliava in molti eccessi e abusi al ministero pubblico del famigerato arcivescovo modernista di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn (* 1946). Ed è per questo che Róbert Bezák era così attraente per tutti i media liberali e anticattolici sia in casa che all'estero — poiché in Slovacchia era l'unico vescovo con questo stile modernista così avanzato e apertamente articolato — anche se in Occidente, paradossalmente, mons. Bezák sarebbe ancora considerato come un vescovo tra quelli «meno progressisti»... [23]
1.4.9 Tuttavia, con il tempo, cominciarono ad affiorare in superfice le notizie ancora più serie sul fatto che Mons. Bezák avrebbe presumibilmente consacrato sacerdoti proprio quelli seminaristi che erano stati respinti da altri seminari a causa dei loro atteggiamenti non ortodossi o anche delle loro inclinazioni omosessuali. Nel suo ultimo libro, «La mafia di lavanda. Con i papi e vescovi contro l'omosessualità nella Chiesa», [24] Dariusz Oko (* 1960) sta accusando Mons. Bezák di omoeresia. [25]
1.4.10 Il frutto che questo vescovo ha seminato nella Chiesa è dimostrato dal fatto che nel 2014 i seguaci di Róbert Bezák non hanno esitato ad aggredire verbalmente e fisicamente un sacerdote nella Basilica di San Nicola a Trnava che ha aggiunto «e per la sua conversione» all'intenzione della Santa Messa «per la salute e la grazia divina per l’arcivescovo Róbert Bezák in occasione del suo compleanno».
1.4.11 Alla fine per le sue frequenti apparizioni mediatiche e la sua popolarità tra i non cattolici e per il suo modernismo gli è stato etichettato con il soprannome «Róbert Bezák Superstar» secondo profana opera rock degli anni Settanta del secolo scorso — Jesus Christ Superstar.
1.5
Il vaccino è la libertà. La guerra è pace
Sulle chiese chiuse, la comunione in mano, e sull'opzione in caso di estremo bisogno che è diventata un obbligo morale
1.5.1 Santità, nonostante tutto quello che abbiamo scritto finora, ci sono ancora tre fatti che hanno segnato significativamente la Chiesa in Slovacchia — e questi sono la chiusura delle chiese durante l'epidemia del nuovo coronavirus, la Comunione del Corpo di Dio in mano, e la negazione dell'obiezione di coscienza per vaccini sperimentali contro il nuovo coronavirus testati o prodotti direttamente su colture e linee cellulari embrionali e fetali provenienti da aborti indotti.
1.5.2 Slovacchia è stato il secondo paese in Europa con la più lunga chiusura di chiese durante l'epidemia del nuovo coronavirus. I vescovi slovacchi hanno risposto troppo servilmente e lealmente alle richieste dello Stato di chiudere le chiese. Stessi credenti hanno dovuto incoraggiare i vescovi e fecero le petizioni per le riaperture delle chiese che portarono sia allo stato che ai vescovi.
1.5.3 Soltanto una piccola parte di sacerdoti ha trovato coraggio, e nonostante minace di punizioni draconiche da parte dello Stato o da parte dei vescovi, non hanno chiuso le porte alle loro sante messe private davanti fedeli di Cristo. Nello stesso tempo si è visto che le comunità di fedeli che frequentano «Messa di tutti i tempi» — fino a poco tempo fa conosciuta nella Chiesa come «forma extraordinaria», ovvero la forma straordinaria del rito romano — hanno, insieme ai loro sacerdoti, ripristinato in tutto il paese qualcosa che i nostri padri conoscevano dai giorni del comunismo — vale a dire, la Chiesa sotterranea, che spesso si riuniva di notte, quando c'era un'eccezione al coprifuoco per la popolazione.
1.5.4 Ma è apparso anche un altro fenomeno dai tempi di comunismo — la denuncia. Invece questa volta non è stata la denuncia da parte di estranei, atei o comunisti, ma la denuncia di coloro che si consideravano cattolici e che spesso sedevano nei primi banchi delle chiese alle Messe Novus Ordo secondo il Messale di Paolo VI. Addirittura, tra i denunciatori c’erano anche i preti e le suore… Quelli che erano stati formati dallo spirito secolare post-conciliare non erano timidi nel denunciare i loro fratelli e sorelle nella fede che partecipavano volontariamente alle sante messe lì dove i preti erano ancora disposti a celebrarla.
1.5.5 Ma al posto di questi coraggiosi sacerdoti, Vostra Santità, in una lettera datata 2 marzo 2021, ha onorato il servizio di 77 sacerdoti dell'Arcidiocesi di Košice che si sono offerti volontari nei reparti ospedalieri riservati ai pazienti affetti dalla nuova malattia del coronavirus. Qui, i sacerdoti svolgevano spesso i compiti più umili tra quelli più umili. Chiunque può disinfettare i pavimenti — ma chi può sostituire i sacerdoti nell’amministrazione di sacramenti?
1.5.6 Molti cattolici in tutto il paese si sono quindi sentiti spiritualmente abbandonati proprio dai loro preti — senza la preghiera della Chiesa, che è la Santa Messa, senza la confessione, senza la Santa Comunione o perfino senza l'estrema unzione se la persona stava morendo di una malattia diversa che non era il nuovo coronavirus. Il mondo si rallegrava di aver finalmente ridotto la Chiesa a una mera organizzazione caritatevole e a un'ultima serva senza divini sacramenti.
1.5.7 La Chiesa al posto di rafforzare in tempi di crisi la celebrazione di sacramenti per tutti e incoraggiare i giovani laici al servizio volontario per aiutare ai malati, ha rinunciato al suo principale — salvifico — compito. Intera vita della Chiesa, in un momento di crisi indotta, si è stata incomprensibilmente ridotta alla paura per il corpo e in questo modo ha colto la Chiesa postconciliare in totale nudità.
1.5.8 È davvero la morte cosa peggiore che possa succedere all’uomo? O la sofferenza o il dolore sono i peggiori? Un cattolico non dovrebbe più temere la dannazione eterna dell'anima? Cosa sta succedendo alla nostra fede? Che fine ha fatto la fede dei nostri antennati espressa nell’antico principio morale «Memento mori!», cioè «Ricordati della morte!», e nella massima legge della Chiesa come «Salus animarum suprema lex!», cioè «La salvezza delle anime è la legge suprema!»?
1.5.9 Questa paura artificialmente indotta ed esagerata per il corpo fu strumentalmente usata per ridurre la riverenza per il Dio Vero — il Corpo di Cristo nella Santissima Eucaristia, la quale avevano iniziato di ricevere esclusivamente in mano e tutt’ora si continua così in diverse parti della Slovacchia. Molti cattolici perplessi, che in coerenza con lo spirito della tradizione non si sono sentiti degni di ricevere Corpo di Cristo nelle loro mani, viaggiavano da una parrocchia all'altra alla ricerca di un prete coraggioso che non avesse paura di amministrare pubblicamente la Santa Comunione in bocca.
1.5.10 Sua Santità, ci permetta di ricordare — sia a Lei e che ai nostri vescovi — che la Chiesa cattolica esiste già da duemila anni, durante i quali è sopravvissuta a molti altri e ben più pericolosi contagi. Durante tutti quei secoli, ha coltivato una tradizione liturgica cattolica unica che può ancora essere osservata nella Messa di tutti i tempi. Questa tradizione liturgica è soprattutto concentrata alla lode di Santa Trinità e durante la quale è molto importante ogni singolo simbolo e gesto di prete e di ministranti.
1.5.11 Risultato di tale unità di forma, di contenuto, di espressioni e dei gesti, quali si sono affinati in duemila anni è una certa attenzione con cui prete e ministranti manipolano con oggetti liturgici durante la Messa di tutti i tempi, e un altro effetto collaterale è l'osservanza di un'igiene più rigorosa durante il rito di quanto non lo sia nella nuova Messa post-conciliare, nata dal cambiamento rivoluzionario del 1970. [26]
1.5.12 Proprio perché la Chiesa custodisce nella sua sacra tradizione questi atti con cui si esprimono devozione e pietà nel maneggiare gli oggetti liturgici e lo stesso Dio Vivo e Vero sotto la forma di pane, e che allo stesso tempo soddisfano i più alti standard di igiene, abbiamo ricevuto con dolore abbiamo accolta la notizia che i vescovi slovacchi hanno richiesto alla Santa Sede permesso permanente di dare la comunione in mano in Slovacchia. Invece di accostarsi a una tradizione collaudata da secoli, i nostri vescovi hanno colto la prima occasione per seguire «nuovi costumi».
1.5.13 I perplessi cattolici slovacchi, oltre il fatto traumatico di comunione in mano, sono stati anche disillusi in modo imbarazzante dalle autorità cattoliche quando la Sottocommissione di Bioetica della Commissione Teologica KBS il 5. 1. 2021 ha pubblicato la sua posizione, nella quale ha esplicitamente condannato l’organizzazione di farmacisti slovacchi credenti. Associazione «Farmacisti per la vita — Slovacchia» sotto la guida di Veronika Cagánová che lavora nella ricerca farmacologica ha pubblicato la propria opinione sulla vaccinazione per il nuovo coronavirus. In esso, l’associazione ha richiamato l’attenzione sul fatto che tutti vaccini sperimentali che la Slovacchia ha accordato di acquistare attraverso l’Unione Europea, sono tutti più o meno «moralmente compromessi». [27] Questo perché sono stati testati, sviluppati o direttamente prodotti dalle cellule embrionali e fetali provenienti dagli aborti indotti. Associazione per questo ha offerto assistenza e protezione legale ai farmacisti quali vorrebbero rivendicare il diritto di obbiezione di coscienza alla loro produzione o somministrazione. [28]
1.5.14 Questo tipo di attività delle associazioni cattoliche specialistiche è del tutto comune nel mondo. È stata proprio americana Debra L. Vinnedge, che grazie alla sua iniziativa nel giungo 2005 Pontificia Academia per la Vita ha redato documento «Riflessioni morali sui vaccini preparati su cellule derivate da feti umani abortiti». Debra L. Vinnedge è la direttrice esecutiva della associazione americana «Children of God for Life». Per le sue numerose attività nel campo della bioetica cattolica con quali faceva notare utilizzo delle cellule provenienti dai bambini abortiti per forza nell’industria farmaceutica, cosmetologica o alimentare, le è stato consegnato a settembre nel 2012 in occasione 83. conferenza annuale della Associazione Medici cattolici in USA delle mani del cardinale Raymond Leo Burke (* 1948) «Premio Evangelium Vitae».
1.5.15 Nel nostro paese attività simili sono stati identificati dal Mons. Peter Rusnák (*1950), presidente della Sottocommisione per la Bioetica della Commissione teologica KBS come quelli, «che, mettendo in discussione le autorità mediche professionali e il magistero della Chiesa, mettono consapevolmente in pericolo la vita e la salute della popolazione». La Sua Eccellenza greco—cattolica l’Eparca Rusnák (*1950) ha preferito così la voce di un gruppo anonimo di due o tre medici che servono nella Sottocommissione di Bioetica piuttosto che la opinione della conferenza medici cattolici di tutti gli Stati Uniti con una tradizione lunga 83 anni e la benedizione del cardinale cattolico…
1.5.16 E in più vescovo di Banská Bystrica Mons. Chovanec (*1957) nella lettera circolare diocesana «Acta Ordinariatus Neosoliensis« numero 223/2021 del febbario di questo anno, sensa alcuna prova, si è permesso di falsamente accusare associazione dei farmacisti cattolici di «collaborare strettamente con un certo partito politico e di adottarne le sue idee» ed ha continuato: «Vi prego, cari fratelli sacerdotii e diaconi, teniamo in mente che uomo di fede non dovrebbe accettare la morale di un qualsiasi partito politico a spese del Magistero della Chiesa.»
1.5.17 Inoltre, la Chiesa slovacca ha reso la vaccinazione con vaccini sperimentali prodotti o testati su colture di cellule embrionali e fetali umane o linee derivate da aborti indotti un obbligo morale a priori. Questo nonostante il fatto che la Pontificia Accademia per la Vita, nel già citato documento del 2005, abbia semplicemente affermato che l'uso di tali vaccini moralmente compromessi — e soltanto nel estremo bisogno come «extrema ratio» — non è peccaminoso. [29]
1.5.18 Per di più nel periodo in cui Sottocommissione di Bioetica della Commissione Teologica ha condannato fortemente i fedeli farmacisti slovacchi con la sua dichiarazione, si è trattato della prima dichiarazione dopo sei lunghissimi anni dalla sua ultima comunicazione. Così, secondo vescovi slovacchi, per sei lunghi anni in Slovacchia non esisteva nessuna importante questione bioetica fino ad ora, quando c’era bisogno condannare i fedeli farmacisti per aver esercitato un'obiezione di coscienza allo sviluppo e alla distribuzione di vaccini moralmente compromessi.
1.5.19 Non parlando dello stupore, che ci ha riserbato Sua Eccelenza Mons. Bernerd Bober arcivescovo di Košice, quando alla campagna dello Stato intitolata «Vaccino è la libertà» ha prestato la propria immagine che ha firmato con slogan «Vaccino è la speranza».
1.5.20 Dopo tutto, se Cristo è «la via, la verità e la vita» per ogni cattolico, (cfr. Gv 14,6) perché il vaccino non dovrebbe essere per i fedeli la sospirata speranza che manca alla Triade di Cristo? Sempre di più, però, tali slogan hanno cominciato a suonare come gli slogan di una società distopica nelle orecchie dei cattolici perplessi slovacchi: la guerra è la pace — la libertà è la schiavitù — l'ignoranza è la forza — il vaccino è la speranza…
1.6
Anni di spargimento del sangue di Cristo «per tutti»
Sulla riluttanza slovacca di revisionare le parole della consacrazione
1.6.1 Sua Santità, sembrerebbe che il destino dei cattolici perplessi in tutto il modo è osservare con dolore nel cuore come le autorità ecclesiastiche postconciliari combattono sulla parte sbagliata oppure non combattono per la giusta causa, tantomeno quella cattolica. Entrambi approcci alle questioni di fede e di morale purtroppo stanno sminuendo la serietà e rispetabilità di uffici ecclesiastici che stanno rappresentando e in questo modo stanno approfondendo la crisi nella Chiesa causando direttamente un deflusso di fedeli da essa.
1.6.2 Già nel 2006, la Santa Sede ha pubblicato un'istruzione per rivedere le traduzioni nazionali del Messale Romano del 2002 destinate alla nuova Messa post-conciliare, usando nelle parole consacratorie durante la consacrazione del calice, invece di «pro omnibus», cioè per tutti, «pro multis», cioè per molti — Questo è il calice del mio sangue, che è versato per voi e per molti per il perdono dei peccati.
1.6.3 Poiché i vescovi tedeschi hanno resistito a questa correzione, il Santo Padre stesso, Papa Benedetto XVI, ha scritto loro nel 2012 una lettera, dove spiega perché desidera tutte le nazioni usassero traduzione delle parole di consacrazione del calice nella nuova Messa postconciliare «pro multis».[30]
1.6.4 Questo è successo forse per la prima volta dopo il Secondo Concilio Vaticano quando un papa postconciliare ha sottolineato così impetuosamente il fatto che la più importante preghiera della Chiesa — il cuore e il culmine della Santa Messa — è stata dopo confusionale cancellazione delle parole latine dopo il Concilio interpretata al invece di essere tradotta letteralmente.
1.6.5 Soltanto leggendo questa notizia dovrebbe ogni cattolico allertare e chiedersi — perché a nessuna autorità ecclesiastica per oltre 35 anni dal Concilio Vaticano II. fino ai tempi di Benedetto XVI. non ha dato fastidio che la preghiera più importante nella Chiesa fosse usata in alcune lingue alterata e non nella forma originale — cioò così, come Gesù non non l'ha mai detta durante l'Ultima Cena?
1.6.6 E se la Chiesa insegna che per la validità della trasformazione dell’Ostia in Corpo di Cristo sono necessari l’intenzione del prete, la materia e la forma prescritte, ovvero l’esattezza delle parole di consacrazione — sono mai state tutte queste messe valide?
1.6.7 Sua Santità, cosa facevano in tutti quei anni i «traditionis custodes», i custodi della tradizione, ai quali Lei si riferisce nel Suo ultimo motu proprio?
1.6.8 Purtroppo, per i vescovi slovacchi — come per quelli tedeschi — questa richiesta urgente di Papa Benedetto XVI non ha significato nulla. E se abbiamo visto con quanta prontezza una commissione KBS può rispondere in 18 giorni per condannare i cattolici che desiderano esercitare un'obiezione di coscienza allo sviluppo o alla somministrazione di vaccini moralmente compromessi, un'altra — cioè la commissione liturgica slovacca — ha impiegato esattamente 10 anni dalla chiamata di papa Benedetto XVI, per far approvare una nuova traduzione delle Preghiere Eucaristiche, e altri quattro anni per pubblicare un'edizione rivisitata della traduzione slovacca del Messale per la nuova Messa post-conciliare.
1.6.9 Nel fra tempo i vescovi ungheresi sono riusciti a dimostrare a tutti che dov’è la volontà, lì c’è anche la via. Il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo Metropolita di Esztergom-Budapest, Primate d'Ungheria (* 1952), ha ordinato già nel 2009 che tutte le diocesi ungheresi dalla Pentecoste dell’anno corrente debbano coprire nel loro Messali le parole errate di preghiera eucaristica «mindenkiert», ovvero per tutti, con un’etichetta adesiva con le parole corrette «sokakert», ovvero per molti.
1.6.10 Allora com’è la prassi oggi — 15 anni dalla richiesta di Papa — in Slovacchia? In ciascuna santa messa postconciliare i sacerdoti tutt’ora stano usando le parole consacratorie sbagliate…
1.6.11 In questo contesto, ci troviamo di fronte a un paradosso che attualmente sta accompagnando la Chiesa come nel mondo così in Slovacchia. I sostenitori della tradizione sono continuamente accusati di disobbedienza e sfida verso gli ordini delle autorità ecclesiastiche. Così facendo, vogliono solo rimanere fedeli alle regole che sono state confermate per secoli — come, per esempio, la liceità della pena di morte. Al contrario, nessuno considera coloro che ignorano ostentatamente e pubblicamente quelle regole che dovrebbero aiutare a consolidare la tradizione e a correggere veramente la confusione creatasi dopo il Concilio Vaticano II. Per di più, sono loro che più spesso usano l'accusa di disobbedienza contro i difensori della tradizione cattolica.
1.6.12 È dunque troppo presuntuoso, in tali circostanze, parlare della confusione e di perplessità di molti cattolici?
II.
...mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
al grido del nemico, al clamore dell'empio.
Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.
Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.
Dico: «Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano».
Ma lo spirito cattivo rispose loro:
«Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?».
(Salmi 54 [55], 3—9)
2.1
Chi sono i perplessi cattolici slovacchi?
Su cattolici che conducono una lotta interiore per obbedire a un'autorità che li porterebbe a commettere dei peccati o a negare la fede nella sua integrità
2.1.1 Certamente questi temi non sono gli unici argomenti del pontificio di Sua Santità, e nemmeno unici eventi della vita ecclesiastica in Slovacchia, però sono gli argomenti che più confondono cattolici slovacchi un «sensus fidei» o «sensus catholicus» elevato — quindi quelli, che hanno ricevuto da Dio il dono del senso per la fede cattolica — e giorno dopo giorno è questo loro senso elevato per la fede, sostenuto da un «depositum fidei» oggettivo, confrontato con quello che esce dalla bocca o dalle azioni della autorità ecclessiastiche di oggi che si stanno adattando al mondo, Sua Santità compreso. Già nel 1985 ha chiamato questi cattolici arcivescovo Mons. Marcel Lefébvre (* 1905 — † 1991) «cattolici perplessi».[31]
2.1.2 Oggi si dimostra ancora con maggiore insistenza che la perplessità di questi cattolici consiste nel fatto che professano tutti gli articoli della fede cattolica apostolica, credono in tutte le dottrine cattoliche, senza riserve accettano l’intero insegnamento della Chiesa custodito nella sacra tradizione, accettano il primato e l’infallibilità del Papa[32] secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano I., e vogliono sottomettersi all'autorità dei vescovi. Ma essi conducono una lotta interiore per l’obbedienza all’autorità — perfino a maggiore autorità terrena — che li porterebbe a portare di commettere peccati o rinnegare la propria fede nella sua integrità come ci è stata rivelata dal nostro Signore e Dio. Ma nel frattempo, questi cattolici perplessi ricevono quotidianamente insulti e sputi in faccia, non solo da questo mondo, ma anche da coloro che hanno sempre considerato, e ancora considerano, i loro fratelli, i loro vescovi o i loro papi.
2.1.3 Ma proprio come San Pietro e gli apostoli quando li portarono al sinedrio davanti al sommo sacerdote degli ebrei, che voleva che smettessero di insegnare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, i perplessi cattolici di oggi, insieme agli apostoli, rispondono: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini.» (At 5, 29) [33]
2.1.4 Secondo l'enciclica di Papa Pio XI. «Quas Primas» (1925), soltanto Cristo Re concentra nel suo principiato triplice potestà legislativa, giudiziaria ed esecutiva, che si estende alla «universali Redemptoris nostri imperio» — cioè, alla regalità sovrana universale del nostro Redentore. «Gesù Cristo è stato dato agli uomini quale Redentore in cui debbono riporre la loro fiducia, ed allo stesso tempo come legislatore a cui debbono obbedire».
2.1.5 Secondo papa Pio XI. Il principiato e la potestà del nostro Signore Gesù Cristo si estende su tutti i popoli della terra. Quanto più nel caso nel caso della Chiesa Cattolica, dove i papi, vescovi, pretti e credenti dovrebbero obbedire incondizionatamente a nostro Signore Gesù Cristo e osservare la sua Legge e così in questo modo dimostrare amore per Lui (Gv 14, 15) [34], per restare nel Suo amore (Gv 15, 10) [35]?
2.1.6 Ecco perché il perplesso cattolico in Slovacchia non può credere a quello che ha scritto la Sua Eccellenza Mons. Marián Chovanec, vescovo di Banská Bystrica, nella lettera ai credenti il 13. 4. 2021, dicendo che: «Il Santo Padre è il successore del Signore Gesù sulla terra». IL perplesso cattolico crede — in accordo con la fede cattolica dei nostri padri — che il Papa sia il vice di Cristo — quindi il rappresentante di Cristo — e il successore di San Pietro apostolo, e non gode della potestà assoluta di Cristo Re. Ma anche il Papa stesso è soggetto a tutti gli attributi del principiato del nostro Cristo Re, ai quali deve incondizionatamente obbedire. Cristo comanda a San Pietro e in lui ad ogni papa, che è «vicarius Christi» — Pascola le mie percore! (Gv 21, 16) Pasci le mie pecore! (Gv 21, 17)[36]
2.1.7 Una parte di cattolici perplessi in Slovacchia, che non vedono l'obbedienza a Cristo — che precede l'obbedienza al Papa, ai vescovi, ai sacerdoti e all'autorità statale — come un insulto, si è aggrappata al motu proprio di Papa Benedetto XVI. «Summorum Pontificum» (2007) a ciò che nella Chiesa romana viene chiamato «forma extraordinaria», una forma straordinaria del Rito Romano, ovvero «usus antiquior», cioè l’uso più antico del Rito Romano.
2.1.8 La liturgia romana prima del cambiamento rivoluzionario nel 1970 dopo il Secondo Concilio Vaticano è diventata il centro della vita spirituale dei perplessi cattolici slovacchi. Nello stesso tempo, questa Messa di tutti i tempi, ha aperto loro le porte della tradizione proprio con la sua maestosità assordante dela contemplazione della Santa Trinità e l'autenticità del sacrificio sul Calvario di nostro Signore Gesù Cristo, ambientata nello spazio architettonico contemplativo della chiesa tradizionale e accompagnata dalla musica mistica del coro gregoriano. Stare di persona con la Madonna sul Calvario sotto la Santa Croce sulla quale Nostro Signore Gesù Cristo ha offerto sé stesso trasformerà per sempre i cuori e le menti, costringendoli ad essere attirati senza indugio verso le profondità (Lc 5,4) [37]. E solo allora il cattolico si renderà conto che la Messa, come apice della vita spirituale, è anche il perfetto strumento di «de propaganda fide» che attira le anime.
2.1.9 Dalla tradizione della liturgia eterna, confermata dai papi, e dalla cui forma attingeva ciascun santo o santa romana, sono stati creati il Credo e altre dottrine cattoliche. Questo perché i primi cristiani credevano che come preghiamo, così crediamo; e come crediamo, così preghiamo e di conseguenza viviamo, nello spirito del motto latino «lex orandi, lex credendi, lex vivendi». Sarebbe quindi molto superficiale etichettare la Messa di tutti i tempi preconciliare come semplicemente «una forma straordinaria del Rito Romano», o solo come «Tridentina», o come «la Messa di Papa San Pio V», o come «la Messa di Papa San Pio X». La Messa di tutti i tempi è più antica del Concilio di Trento (1545-1563) e risale all'apostolo Pietro e ai primi concili generali della Chiesa. Dalla tarda età antica o dall’Alto Medioevo attraverso il Rinascimento, il Barocco e la crisi modernista dell'epoca di Pio X, fino al pontificato di Giovanni XXIII. — questa è stata la messa dei cattolici romani.
2.1.10 Ma Vostra Santità riconoscerà che oggi non è più necessario descrivere le differenze fondamentali e insormontabili tra la Messa di tutti i tempi e la Messa post-conciliare, perché sono state descritte molte volte non solo da [38]gerarchi, teologi, vescovi o sacerdoti, ma i fedeli hanno avuto la possibilità di sperimentarle personalmente e di conoscerle con la propria mente nel corso degli anni.
2.1.11 I cattolici perplessi in Slovacchia così hanno avuto modo di osservare, sullo sfondo dell'antica liturgia, che la sperimentazione liturgica — iniziata nel 1970 — che ha trasformato le chiese in arene di creatività discutibile e che doveva attirare folle di giovani, si sta ora rivelando poco attraente e imbarazzante proprio da queste fasce d'età. Nello stesso modo il tentativo di offrire ai giovani nelle chiese specifico tipo di musica popolare è finito con fiasco. Per non parlare della sterilità e vuoto spirituale della architettura moderna che hanno privato le nostre chiese del loro fascino spirituale.
2.1.12 Invece della «nuova Pentecoste», nella nazione slovacca si stanno diffondendo culti religiosi orientali alternativi, il cui fascino è rafforzato dalla loro stabilità interna. La benevola tolleranza di queste eresie e degli atteggiamenti eterodossi, senza un'adeguata etichettatura e sanzione — e questo direttamente all'interno della Chiesa — ha portato a una completa confusione della conoscenza delle persone sulla vera fede cattolica. L'esistenza dell'inferno e della dannazione eterna, l'indissolubilità del matrimonio cattolico, la presenza reale del Cristo vivente nel Santissimo Sacramento, e l'unicità della Chiesa cattolica sono state messe in discussione o relativizzate; ed è stato promosso un ecumenismo sfrenato, suscitando ghigni sprezzanti tra le altre religioni e disperata perplessità tra i cattolici.
2.1.13 Cos’è ancora peggio è che sempre più persone non solo stano abbandonando l'abbraccio della Chiesa cattolica o cercano un'altra, anche se delirante, forma di culto di Dio, ma rifiutano organizzazione religiosa in sé e affongano le proprie vite nel miscuglio di edonismo, egoismo e ossessione per le avventure sessuali. La desolazione trascendentale, il nihilismo, e decadenza stanno diventando oggi abituale norma di vita.
2.1.14 Anche i continui cambiamenti della morale cattolica hanno giocato un ruolo in questo declino morale. L'attenzione al cosiddetto «accompagnamento» dei peccatori — ma verso dove? — invece di trasmetterli chiaramente e senza timore l’insegnamento morale cattolico, non ha portato alla conversione di questi disperati ed erranti figli di Dio, ma invece alle masse cattoliche di convincersi che la Chiesa non considera più alcune mancanze morali come insormontabilmente peccaminose e mette in discussione il principio stesso del peccato mortale.
2.1.15 Questi eventi, che sotto la forma di contagio morale e di marciume sono iniziati arrivare da noi già negli anni '60 del secolo scorso, sono in continuo aumento e la causa di esse, e quindi anche la causa del deflusso dei credenti dalla Chiesa in Slovacchia, può essere chiamata sommariamente — la perdita della missione evangelizzatrice della Chiesa. Perché il compito primario della Chiesa è la salvezza delle anime, che si compie con la conversione dell'anima ai principi della vera fede cattolica e rimanere in questa fede intatta fino alla morte. Tuttavia, le anime che vedono l’elasticità nella perseveranza dei principi della fede direttamente da parte dei propri pastori, se ne stanno andando o deluse o moralmente corrotte. Finché i pastori diffondono il relativismo, il dubbio e spesso l'illusione, il tutto avvolto nella banalità superficiale delle frasi secolarizzate sull’umanismo, la fratellanza e il benessere sociale, allora non c'è da meravigliarsi che il gregge si disperda e si diriga sulla via della distruzione. Esattamente lo stesso percorso che i veggenti avevano predetto alla Chiesa 60 anni fa.
2.1.16 Questo è, nello stesso modo, anche un viaggio liturgico di grande errore, che, invece della città di Dio che aveva descritto Sant'Agostino, ha riunito una città dell'umanesimo, del progresso e della tolleranza, per la cui costruzione non si sarebbe vergognato nemmeno il più sanguinario architetto della Grande Rivoluzione Francese.
2.1.17 E così furono create due città sulle rovine dell'unità — perché dove non c'è verità, non può esserci unità. E mentre la Messa di sempre in tutti questi secoli fino ad oggi sta armando almeno i cattolici perplessi per la lotta per mantenere la città di Dio, la Messa postconciliare sta accompagnando invece i cattolici spensierati in un gioioso pellegrinaggio verso una città in cui la vita gira solo intorno a loro, e in cui, quindi, il regno di Cristo non ha quasi posto.
2.2
Solo per non scivolare nella mera teatralità...
Sui «guardiani della tradizione» che proteggono la tradizione da sé stessa
2.2.1 All'inizio, noi — perplessi cattolici slovacchi — non riuscivamo a capire perché anche dopo cinque o sei anni (nel 2012 o 2013) dal Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI, la maggioranza dei vescovi slovacchi riusciva ancora a impedire ai fedeli di accedere a questo originale e autentico rito cattolico della Chiesa romana.[39] La loro riluttanza ad accettare in casi specifici — a livello locale — il decreto e i desideri del Santo Padre, contrasta e si contrappone nettamente alle loro frequenti accuse di disobbedienza contro i diffensori della tradizione. Questo fare paradossale, che da un lato esige un'obbedienza cieca nello stesso momento ignora e sabota i decreti dei superiori, ha moltiplicato la nostra perplessità e impotenza.
2.2.2 Nella prima metà del 2012, un gruppo di fedeli si è avvicinato a mons. Tomáš Galis (nato nel 1950), vescovo di Žilina, per chiedere il permesso di celebrare questa «forma straordinaria del rito romano» nella loro parrocchia. Mentre a quell’epoca non era più necessario da più di 5 anni un permesso formale del vescovo, ma i sacerdoti che celebravano la Messa di tutti i tempi lo richiedevano sempre per prudenza e obbedienza. Sulla base di questa lettera, il gruppo di fedeli, compreso la direttrice del coro gregoriano, si sono potuti incontrare solo con il Vicario della diocesi. Non è stato concesso nessun permesso, e dopo un'altra lettera dei fedeli rimasta senza risposta, si sono rivolti all'inizio del 2013 direttamente alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei per chiedere aiuto — come previsto dal motu proprio papale in vigore all'epoca. Tuttavia, nella diocesi di Žilina, anche dopo 9 anni dalla prima richiesta, nulla si è mosso per quanto riguarda la celebrazione della Messa di tutti i tempi con la benedizione del vescovo.
2.2.3 Un altro gruppo di fedeli — questa volta dalla diocesi di Spiš — ha contattato il suo vescovo residente, l'ormai defunto Mons. Stefan Sečka (*1953 — † 2020) per la stessa questione. Il vescovo Sečka ha risposto a questo gruppo: «Non mi è chiaro se [nella vostra parrocchia] ci sia la giusta comunità stabile di fedeli. Naturalmente intendo una comunità che viene educata, formata e perfezionata in questa forma straordinaria di celebrare l'Eucaristia.... Inoltre, non so da quando esistete come comunità che cerca di vivere le tradizioni liturgiche preconciliari». Il vescovo conclude la sua lettera affermando: «....devo fare molta attenzione che la correttezza e la sacralità delle celebrazioni liturgiche siano sempre conservate, e che non scivolino nella mera teatralità»[40].
2.2.4 Questo sforzo dichiarato e certamente ammirevole di preservare la «correttezza e la sacralità delle celebrazioni liturgiche», tuttavia, ancora una volta contrasta fortemente con la pratica che abbiamo avuto e abbiamo ancora l'opportunità di osservare nelle comunità parrocchiali in Slovacchia. Varie forme di creatività discutibile e di vera e propria teatralità — ovvero l'inserimento di elementi teatrali e musicali non liturgici nella celebrazione della Messa, l'egocentrizmo di vari individui, desiderosi di fare della liturgia un palcoscenico per la propria popolarità — si sono in pratica impossessati anche delle nostre chiese. Perplessi ci troviamo così di fronte alla domanda: com'è possibile che proprio coloro che hanno sempre proclamato tradizione e hanno cercato praticamente di preservare intatta liturgia — i cattolici fedeli alla liturgia tradizionale — siano stati messi in guardia dalla teatralità e allo stesso modo respinti, mentre i veri attori e promotori della inovazione liturgica godono di un appoggio benevolo e di tolleranza?
2.2.5 Sua Santità, confusi e rattristati da questa contraddizione, siamo stati costretti ad ammettere a noi stessi l'amara consapevolezza che dietro questi paradossi non si nasconde un malinteso, ma un'avversione permanente. E solo allora abbiamo capito che i nostri vescovi slovacchi erano i vostri, oggi ormai ufficialmente confermati, «custodi della Tradizione» molto prima dell'emissione del vostro motu proprio, che si chiama proprio «Traditionis Custodes». Tuttavia, questo tipo di guardiani difende la tradizione solo davanti a sé stessa. E non ha neanche timore di accusare del tentativo di voler ispirare fedeli alla «mera teatralità» proprio quella liturgia che aveva accompagnato i cattolici lungo tutta la storia della Chiesa fino al Concilio Vaticano II.
2.2.6 L'avversione verso la tradizione e il rifiuto della Messa di tutti i tempi ha dovuto finora essere nascosta da gerarchi, sacerdoti e laici a livello locale o mondiale, perché un tale atteggiamento era contrario ai desideri di Papa Benedetto XVI. Con il Suo motu proprio, invece, Sua Santità ha coperto le spalle a questa l’avversione e, con effetto immediato, ha scortato le masse di cattolici perplessi dalla riserva creata finora per una specie selvaggia ed esotica di cattolici — nella qualle li tenevano chiusi tutti i papi postconciliari — a un nuovo Zoo con maggiore livello di sicurezza. E anche Sua Santità, con la proibizione di fondare nuovi gruppi tradizionalisti, ha fatto sterilizzare dal punto di vista amministrativo questi cattolici perplessi, per evitare che potessero accidentalmente proliferare nella Chiesa come qualche insetto nocivo e pericoloso.
2.2.7 Secondo un rapporto recentemente presentato alla Santa Sede dalla federazione internazionale di cattolici tradizionalisti[41] — Foederatio Internationalis Una Voce — c’era pericolo reale che in futuro si sarebbe propagata proprio questa moltiplicazione di gruppi tradizionalisti.
2.2.8 Nelle comunità cristiane che frequentano regolarmente la Messa di tutti i tempi predominano i giovani con famiglia: quasi tre quarti in Nord America, tre quinti in Europa centrale, Sud America, Asia e Oceania, e la metà in Europa nord-orientale e nord-occidentale.[42]
2.2.9 Questo rapporto dimostra inoltre che, a fronte della continua diminuzione dei battesimi dei neonati nella civiltà occidentale, rispetto ad alta percentuale di battesimi di coloro che in seguito lasciato la fede, la Messa di tutti i tempi ha portato nella Chiesa molti convertiti e «revertiti», cioè cattolici precedentemente persi. Ci sono casi di convertiti luterani in Slovacchia che non hanno mai sperimentato la nuova Messa post-conciliare e sono nati come cattolici, non molto tempo fa, nella Messa di tutti i tempi e hanno ricevuto tutti gli altri sacramenti esclusivamente secondo il rito preconciliare[43].
2.2.10 La Messa di tutti i tempi ha riportato gli uomini nelle chiese come padri di famiglia e ha rafforzato l'elemento maschile nella Chiesa, che aveva cominciato a scomparire spaventosamente dopo il Concilio. Ci sono abbondanti prove dagli Stati Uniti, dall'Inghilterra e dal Galles che le donne superano gli uomini nella Messa post-conciliare (Novus Ordo Missae) in rapporto 2:1. Mentre i dati da tutto il mondo dicono che la presenza maschile alla Messa di tutti i tempi ha una media del 55%.
2.2.11 Questa immagine della Messa di tutti i tempi come una forma di liturgia particolarmente attraente per i giovani adulti e i genitori di bambini piccoli è in contrasto con la sua abituale caratterizzazione come qualcosa che si riferisce principalmente alla parte nostalgica della vecchia generazione. Un gran numero di vocazioni sacerdotali è già riuscito ad emergere da queste giovani e fiorenti comunità.
2.2.12 Così, c'era il pericolo reale che entro pochi decenni sarebbero state considerate «teatrali» proprie le vuote messe postconciliari per bambini, animate con clown o musica rock, celebrate in lingue profane e in spazi sterili che assomigliano alle case di cultura costruite dal regime comunista ateo.
2.2.13 Sua Santità è quindi per questo è intervenuta e con il suo motu proprio ha rotto il concetto teologico dell'«ermeneutica della continuità» del suo predecessore Papa Benedetto XVI. Se i libri liturgici pubblicati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II devono essere l'espressione unica della lex orandi del Rito Romano, allora la nuova Messa post-conciliare non può essere cresciuta continuamente e organicamente dalla Messa di tutti i tempi, poiché è così nettamente in contrasto con la forma che l'ha preceduta che è necessario intervenire per assicurare che questo contrasto — percepito anche da Sua Santità come fondamentale — non sminuise le domande dei cattolici perplessi. Perché se il Novus Ordo nascesse dalla Messa di tutti i tempi, non dovrebbe mai competere o addirittura lottare con il Vetus Ordo, e né potrebbe mai perdere come ha fatto negli ultimi anni.
2.3
Solo cinque parole da dire nella lingua del popolo
Sulla Messa e la lingua portata al popolo slovacco dai santi Cirillo e Metodio
2.3.1 Sua Santità, durante la comunicazione di cattolici perplessi con i vescovi slovacchi, è emerso che secondo loro il latino dovrebbe essere la principale causa della discriminazione della Messa di tutti i tempi, che noi avevamo chiesto di celebrare in Slovacchia. I vescovi si sono appellati alla necessità della comprensibilità della lingua liturgica per la gente comune, ai santi Cirillo e Metodio, e al fatto — a loro avviso dimostrabile — di aver vinto per la nostra nazione l'uso dello slovacco come «lingua vulgaris», cioè la lingua del nostro popolo nella liturgia. Questo sulla base del fatto — come si apprende nelle scuole — che essi sconfissero alla corte papale i «trilinguisti» che riconoscevano solo tre lingue liturgiche — cioè l'ebraico, il greco e il latino. Eppure, una tale dottrina sul «male pilates» non fu mai diffusa in Occidente, e come argomento contro la Roma latina lo diffondeva soprattutto la Bisanzia greca.
2.3.2 Ma come la più grande arma contro di noi perplessi cattolici slovacchi e romani, i vescovi usavano i versi di San Cirillo dal poema «Proglas», che il santo aveva scritto in slavo eclessiastico antico come prefazione alla traduzione dei Santi Vangeli, e che i bambini in Slovacchia se la stanno imparando a memoria nelle scuole: «Vorrei dire solo cinque parole, con una semplice ragione vorrei dire quelle cinque parole, affinchè anche fratelli potessero capire tutto, piuttosto che dire mille parole incomprensibilli.»
2.3.3 Tuttavia, coloro che sostengono che queste parole si riferiscono al linguaggio liturgico non distinguono tra la necessità della chiarezza nell’interpretazione specifica della fede — ovvero l’insegnamento di catechismo — e la celebrazione della liturgia. Mentre l'insegnamento della fede deve essere fatto nella lingua del popolo, perché solo chi capisce e comprende può credere correttamente e veramente, ma non è necessario usare la lingua del popolo per celebrare la Messa. Questo è l'insegnamento vincolante del Concilio di Trento[44] (1545-1563), e chi lo nega, minaccia di anatema, cioè di dannazione, a seguito qualle viene scomunica.
2.3.4 Dobbiamo necessariamente chiedere, Sua Santità, quale messa e in quale lingua i santi Cirillo e Metodio hanno realmente portato nel nostro territorio? Era la lingua del popolo?
2.3.5 Non è un segreto che quando i fratelli tessalonicesi arrivarono nel nostro territorio nell'863, incontrarono la vecchia popolazione slava, che già conosceva il rito romano occidentale. Infatti, la nostra nazione era già stata evangelizzata dai missionari scozzesco-irlandesi prima del loro arrivo. Tuttavia, è ancora più probabile che alla fine del IX secolo, nel territorio della valle dei Carpazi ci vivessero accanto al gruppo etnico slavo antico allora dominante, anche resti di tribù celtiche e germaniche. E con la loro presenza nel nostro spazio vitale, sopravviveva anche la continuità del rito romano, che fu portato qui già per la prima volta durante la vita di San Severino (ca. 482) e San Martino (ca. 397). Entrambi i santi provenivano dal territorio della Pannonia, e i resti della chiesa al castello di Devín, che gli archeologi datano al periodo del tardo Impero Romano in declino, ammettono una tale interpretazione.
2.3.6 Lo slavo ecclesiastico antico fu creato da San Cirillo come forma artificiale del dialetto macedone usato nell'area intorno a Salonicco nel IX secolo con l’intenzione di celebrare in primis la liturgia bizantina nel nostro territorio — e questo anche prima che lui e suo fratello Metodio arrivassero da noi. I fratelli di Tessalonica furono inviati nel nostro territorio dall'imperatore bizantino Michele III. Questo è successo dopo che Roma non ha soddisfatto la richiesta del nostro sovrano Rastislav di inviare studiosi cristiani. Ma quando San Cirillo venne a conoscenza della nuova situazione — che mostrava i suddetti segni della continuità liturgica — tradusse le rubriche del rito romano occidentale in una forma artificiale della lingua slava antica e le scrisse in lettere rivelategli da Dio stesso. Perché i santi Cirillo e Metodio erano amici del nostro popolo ed erano consapevoli — a differenza dai protagonisti dei cambiamenti postconciliari — che qualsiasi alterazione di un'usanza vissuta positivamente avrebbe avuto effetto negativo sulla gente comune e di consequnza avrebbe potuto essere messa a repentaglio la salvezza degli individui. Non erano quindi innovatori liturgici, ma al contrario, rispettavano scrupolosamente lo «status quo», lo stato di cose dell'epoca, che hanno trovato al loro arrivo.
2.3.7 Da un lato, i santi Cirillo e Metodio decisero di non partire da «tabula rasa» nel campo del rito, e dall'altro lato, non intrapresero la traduzione delle rubriche liturgiche in lingua popolare — e tutto questo nello spirito delle pratiche missionarie di qui tempi. I loro sforzi erano diretti — e quindi anche la loro gloria è grande — proprio alla creazione di un nuovo linguaggio liturgico artificiale. Accanto alla liturgia bizantina di San Giovanni Crisostomo e alla liturgia greca di San Pietro, che i fratelli tessalonicesi di Costantinopoli conoscievano, è nata sul nostro territorio la Messa glagolitica come «liturgia romana di San Pietr»".
2.3.8 La lingua slava antica usata nell'Ordine romano nel nostro territorio non era quindi la lingua della gente comune. In parte era comprensibile per la gente del posto — certamente più del latino — e in parte oscurava significati più alti in parole appena coniate che la gente non conosceva prima. E così c'è stata una sacralizzazione della lingua dei nostri antenati. Perché anche il greco della liturgia del III secolo era una forma letteraria della lingua greca e non una «lingua vulgaris», cioè la lingua del popolo. Allo stesso modo, il latino liturgico del IV secolo — e nella forma successiva in cui divenne anche la lingua letteraria di tutta la cultura occidentale — non fu mai la lingua del popolo dell'Impero Romano.
2.3.9 Perfino questa dualità di lingue — sacro e profano — esisteva già ai tempi del nostro Signore Gesù Cristo. Ai suoi tempi la lingua del popolo ebraico era l'aramaico, mentre nel Tempio i sacerdoti ebrei usavano l'ebraico. Anche se Cristo parlò ai Suoi discepoli in aramaico quando offrì il Suo Santo Sacrificio sulla croce, Egli pregò il secondo verso del Salmo 21 in ebraico: «Eli, Eli, lema sabachthani?» Cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». (Mt 27,46)
2.3.10 San Matteo aggiunge che coloro che sentirono questo sospiro di Cristo pensarono che stesse chiamando Elia. Perché «Eli» può effettivamente essere in aramaico un nome per Elia, mentre in ebraico significa «mio Dio». IL fatto che Cristo parlasse l'ebraico — cioè la lingua del tempio — durante l'ultima cena, e non l'aramaico — cioè la lingua del popolo — oggi lo possiamo soltanto supporre. Importante è che Egli conclusse il Suo Santo Sacrificio compiuto sulla croce con una preghiera nella lingua del tempio e non nella lingua del popolo.
2.3.11 E per questo la cattolicità della liturgia romana in slavo ecclesiastico antico come forma superiore della lingua volgare dei nostri antenati scritta in glagolitico poteva essere confermata da papa Adriano II. Nell'867 mise per la prima volta i libri liturgici glagolitici sull'altare dell'attuale Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma. Questo fu seguito nell'880 dalla conferma da parte di Papa Giovanni VII della liturgia slava antica con la bolla z «Industriae Tuae», quindi «Il tuo fervore». A partire dall'884, quando papa Stefano V vietò la lingua slava eclessiastica antica nella liturgia, ci fu un periodo di circa due secoli di stagnazione, dopo il quale la messa glagolitica-romana sopravvisse solo nel territorio croato della costa adriatica della Dalmazia.
2.3.12 Poiché il sovrano Svätopluk di Nitra – preferiva la liturgia romana in latino, dopo la morte di Metodio nell'885 aiutò il suo vescovo ausiliario Viching a cacciare i discepoli di Metodio dal nostro territorio a favore del clero bavarese. Per questo motivo, la liturgia romana occidentale in latino si è stabilita definitivamente nel nostro paese, e il Messale glagolitico in slavo antico è stato usato di più nella vicina Moravia e nella già citata Croazia, dove erano condizioni sociopolitiche diverse.
2.3.13 Perciò, nel 1483, fu pubblicato a Venezia per la prima volta il Messale glagolitico in forma stampata con il titolo croato «Misal po zakonu rimskogo dvora».[45]
2.3.14 Nel 1905 fu pubblicato l'ultimo libro liturgico in slavo eclessiatico antico scritto esclusivamente in glagolitico croato, compilato da Vatroslav Jagić (* 1838 — † 1923). Poiché l'adattamento croato conteneva molti «moravismi», la correzione fu intrapresa dal professore ceco e prete cattolico Jozef Vajs (* 1865 — † 1959). Poiché le nuove generazioni di sacerdoti non erano più in grado di leggere la scrittura glagolitica, il professor Vajs pubblicò una trascrizione del Messale glagolitico in latino nel 1927. In questa edizione, era soltanto il canone della messa pubblicato in due colonne — una in glagolitico, l'altra in latino.
2.3.15 Infine, la traduzione più elaborata del Messale Romano Glagolitico è considerato dai cechi documento conservato in dattiloscrittura «Messale Romano in lingua slava eclessiastica antica per i bisogni del dignitoso clero dello Stato Cecoslovacco» del 1963, composto dal sacerdote e paleoslavista Vojtěch Tkadlčík (* 1915 — † 1997). È interessante notare che al tempo del Concilio Vaticano II, allora in corso, i vescovi slovacchi del comune stato ceco-slovacco si opposero alla richiesta di approvazione ecclesiastica di questo Messale. Questa posizione dei vescovi slovacchi può essere spiegata sullo sfondo delle relazioni storicamente compromesse della nazione slovacca con la nazione ceca, e per questo ancora ci ritorneremo su questo tema.
2.3.16 Sua Santità, ma prima vorremmo ricordarle che nel 2020, padre Jakub Václav Zentner della Fraternità di San Pietro (FSSP) — la Società di Vita Apostolica di Diritto Pontificio, che celebra esclusivamente la Messa di tutte i tempi, attiva nella Repubblica Ceca — ha composto e pubblicato un'elaborazione dell’Ordine del Messale Romano in slavo antico di Parčić per uso dei fedeli. [46]Situazione ecclesiastico-giuridica fino alla pubblicazione del vostro motu proprio «Traditionis Custodes» ha permesso di utilizzare nella liturgia romana questo tesoro così prezioso dei nostri antenati per nostro popolo slavo. Sua Santità si unisce così ai Papi che avevano proibito ai popoli slavi di seguire il motto di San Paolo — «tradidi quod et accepi» — cioè di trasmettere alle prossime generazioni soprattutto ciò che abbiamo ricevuto da coloro che ci hanno preceduto e di non cambiare nulla di ciò (cfr. 1 Cor 15,3) — Semper idem! Essere sempre lo stesso cattolico!
2.4
La nazione slovacca come amica delle vecchie condizioni
Sulla breve filosofia nella storia della nostra nazione che evita le rivoluzioni
2.4.1 Sua Santità, per poter comprendere meglio lo stato d’animo e la motivazione della Chiesa slovacca, con la quale aveva partecipato e poi attuato i cambiamenti seguite dopo il Secondo Concilio Vaticano, è necessario affrontare almeno brevemente la filosofia della nostra storia.
2.4.2 Del gruppo dei cosiddetti «sedmopočetníci» [sette padri santi], composto da evangelizzatori santi Cirillo e Metodio e da altri cinque loro discepoli, di cui San Gorazd, il successore del vescovo Metodio, è probabilmente il più venerato nel nostro territorio. Insieme al principe Slavomír («Sclajamarus»), San Gorazd è uno dei primi del nostro popolo ad essere perseguitato per la sua fede. Un fatto interessante è che la figura di Slavomír, secondo le fonti storiche disponibili, potrebbe aver concentrato in sé gli attributi del potere sia sacerdotale che monarchico. C'è quindi l'opinione che il monarca Slavomír sia stato il precursore storico del primo presidente slovacco, Mons. Jozef Tiso (* 1887 — † 1947), che era nello stesso tempo anche prete cattolico romano.
2.4.3 Inoltre, la nostra nazione ha una grande venerazione per i santi eremiti del X secolo, cioè Andrea-Svorad e il suo discepolo Benedetto di Skalka, che hanno vissuto una vita rigorosa di rinuncia, preghiera e lavoro. Dall'inizio del XI secolo si venera San Bystrík (Bestricus Nitriensis), vescovo e martire, propagatore della liturgia slava antica e fervente evangelizzatore della regione di Pili, che oggi fa parte dell'Ungheria. È stato proprio San Bystrík che aiutò a cacciare gli ungheresi pagani oltre il Danubio.
2.4.4 Dopo il declino dell’Impero di Svätopluk come stato degli slavi occidentali all'inizio del X secolo, è nato sul nostro teritorio introno l’anno 1000 il «Regnum Hungariae» come stato multietnico. In slovacco la chiamiamo «Uhorsko». Nella lingua slovacca, distinguiamo tra «Ungheria» come lo stato attuale degli ungheresi e «Uhorsko» come il nostro stato comune con gli ungheresi nella nostra storia, in italiano Regno d’Ungheria. La vecchia tribù nomade ungherese guidata da Arpad, che non prese parte alla battaglia di Lech, e che più tardi divenne casato reale ungherese, fu aiutata al potere da numerose casate slovacche. Questi nomadi hanno poi adottato una cultura e un modo di vivere sedentario dai nostri antenati. La divisione dell'impero di Svätopluk diede così origine ai regni di Ungheria, Polonia e Boemia — che rappresentano le leggendarie tre bacchette slave di Svätopluk.[47]
2.4.5 Nel Regno d'Ungheria, il latino fu la lingua ufficiale per più di 900 anni. Il tedesco è stato la lingua ufficiale solo per 17 anni e l'ungherese per circa 65 anni. Ed è stato questo breve periodo di introduzione dell'ungherese come lingua ufficiale di un regno multietnico — la cui maggioranza non è mai stata ungherese — e la forzata ungheresizzazione della popolazione slovacca nella seconda metà del XIX secolo, che ha fatto sì che i nostri antenati si siano risentiti all'idea di uno stato comune con gli ungheresi. Fino ad allora, i cattolici slovacchi la percepivano come la loro patria e il regno mariano «Regnum Mariae Patronae Hungariae».
2.4.6 Pertanto, non si può parlare di «oppressione millenaria» della nazione slovacca sotto il dominio ungherese, perché i membri della nazione slovacca hanno partecipato alla creazione della vita sociale, scientifica, politica e religiosa del Regno d’Ungheria per centinaia di anni.
2.4.7 Gli inizi del rinascimento nazionale slovacco nell’Impero ungherese risalgono alla seconda metà del XVIII secolo, quando furono fatti i primi tentativi di innalzare la lingua slovacca. Prima furono i monaci camaldolesi di Zobor vicino a Nitra — che era la sede dell'Impero di Svätopluk. I monaci vi pubblicarono il primo dizionario latino-slovacco. Mezzo secolo dopo, preti cattolici romani e studiosi slovacchi ragruppati intorno al sacerdote Anton Bernolák (* 1762 — † 1813) tentarono di codificare la lingua slovacca scritta.
2.4.8 Il fatto che i leadri del rinascimento nazionale slovacco attraverso del rinascimento della lingua slovacca divennero propio i preti e i monaci cattolici romani ebbe almeno tre ragioni.[48] La più importante di queste è che per i cattolici slovacchi di quel epocha era il latino ancora l'unica e unificante lingua liturgica. L'eventuale codificazione dello slovacco non avrebbe in alcun modo intaccato la parte più sensibile del culto cattolico, che è senza dubbio la liturgia.
2.4.9 Quindi, il più grande ostacolo alla legalizzazione della lingua slovacca scritta furono inizialmente i luterani slovacchi. Per loro significava che avrebbero dovuto abbandonare il ceco biblico, che usavano fino ad allora per le loro cerimonie, canti e studi biblici. I cattolici slovacchi in quel periodo, al contrario di loro, non avrebbero dovuto affrontare un problema simile, e quindi i loro sforzi per legalizzare lo slovacco scritto non furono ostacolati da ragioni religiose. I sostenitori di Bernolák mostrarono al momento della codificazione della lingua slovacca persino la loro disponibilità a cedere il passo alla nuova generazione di luterani slovacchi — sostenitori di Štúr — raggruppati intorno alla persona di Ľudovít Štúr (* 1815 — † 1856).
2.4.10 Per la lingua slovacca letteraria di oggi dobbiamo ringraziare prima di tutto al cattolicesismo dei nostri ideatori nazionali, che nel loro universalismo erano in grado di integrare facilmente varie particolarità nazionali e locali.
2.4.11 Un altro fatto è che i risvegliatori (buditelia) slovacchi di allora erano prevalentemente — a parte i piccoli margini radicali — veri oppositori delle rivoluzioni e conservatori; rifiutavano la democrazia, la rivoluzione e il socialismo, pensavano a una monarchia costituzionale, sostenevano l'imperatore e la legittimità. Negli 1848-49, i sostenitori di Štúr non solo si schierarono con Vienna, l'imperatore e la monarchia cattolica — il che si potrebbe ancora interpretare come una mossa pragmatica — ma accolsero e ammirarono l'esercito zarista russo e nello zar russo autocratico Nicola I. (* 1796 — † 1855) viderro un salvatore.[49]
2.4.12 Dopo la già menzionata generazione di sacerdoti del gruppo Bernolák, che fece risorgere linquisticamente la nostra nazione, venne la generazione di sacerdoti, sostenitori ragruppati intorno alla persona di mons. Andrej Hlinka (* 1864 — † 1938). Il gruppo di questi sacerdoti ha fatto rivivere la nostra nazione dal punto di vista politico. [50]
2.4.13 Dopo il crollo dell'Impero austro-ungarico, da cui la nostra nazione si è portata via soprattutto le ferite dell'ultimo periodo di ungheresizzazione, i nostri leader politici cercavano una soluzione di diritto statale. Grazie alle diverse circostanze e la politica del possibile, siamo stati manovrati in uno stato comune con il popolo ceco, segnato dalle tradizioni dell'hussitismo, del liberalismo o e del socialismo.[51]
2.4.14 Tuttavia, la colonizzazione della Slovacchia da parte degli insegnanti liberali cechi, gli attacchi politici del governo centrale all'istruzione eclessiastica slovacca e alla stampa pro-nazionale, l'impossibilità per i membri della nazione slovacca di trovare lavoro nell'amministrazione statale o nell'esercito, e il disprezzo del governo ceco per la popolazione cattolica rurale della Slovacchia divennero il nostro nuovo incubo. Avevamo già sperimentato attacchi alla nostra nazionalità nel Regno d’Ungheria. Ciò che era nuovo in Cecoslovacchia, tuttavia, era l'attacco sistematico del governo alla nostra fede cattolica.[52]
2.4.15 La generazione cattolica dei nostri politici di quell’epocha ebbe un obiettivo chiaro: o sarebbero riusciti ad ottenere una maggiore autonomia dal governo centrale di Praga all'interno della Cecoslovacchia, o prima o poi avrebbero dovuto cercare una via d'uscita dalla Cecoslovacchia.
2.4.16 Nel 1939, è nata la Repubblica Slovacca indipendente — preceduta nel 1938 dal tradimento delle potenze occidentali a Monaco, che avrebbero dovuto garantire l'integrità alla Cecoslovacchia. I politici cattolici slovacchi hanno immediatamente inserito nella Costituzione del nuovo stato slovacco anche la podestà suprema di Dio, in accordo con l'enciclica «Quas Primas».[53]
2.4.17 Il fatto che a capo della nostra nazione e del nostro stato in questi tempi difficili c’era il sacerdote cattolico Mons. Jozef Tiso è stato un culmine naturale del nostro passato.[54] In tutto il nostro passato, sono stati proprio i sacerdoti cattolici che per secoli hanno plasmato il carattere della nostra nazione e hanno cultivato la sua fedeltà alla fede cattolica e alla Chiesa di Cristo – dall’epocha del sacerdote e sovrano Slavomir del IX secolo fino al sacerdote e primo presidente Mons. Jozef Tiso del XX secolo.
2.4.18 Eppure, la nazione slovacca non ha mai cercato di stabilire alcuna forma di teocrazia. Al contrario, tutti i politici responsabili e lungimiranti erano consapevoli della necessità della continuità politica e di potere, che è meglio garantita dall'ereditarietà del potere. Il politico slovacco Vojtech Tuka (* 1880 — † 1946) — che in gioventù fu un protetto dello zar bulgaro Ferdinando Coburgo (* 1861 — † 1948) e l’educatore di suo figlio, dell successivo zar Boris III. (* 1894 — † 1943) - divenne quindi il padre di un'idea monarchica mai realizzata in Slovacchia. Secondo questa idea, il sacerdote cattolico Mons. Tiso dopo la guerra avrebbe consegnato lo stato slovacco indipendente sotto la corona monarchica di un discendente naturalizzato dello zar bulgaro. In questo modo, la Slovacchia tornerebbe alle vecchie condizioni — cioè alla sua esistenza come stato all'interno della monarchia.
2.4.19 Se esiste una cosa come un carattere o un istinto nazionale, allora c'è un elemento che si ripete con imperitura regolarità nella nazione slovacca — l'attrazione misteriosa di preferire la conservazione o il mantenimento delle vecchie condizioni al cambiamento. Così, la nazione slovacca non è mai stata una forza rivoluzionaria che aveva a cuore lo smantellamento della monarchia cattolica e la distruzione del «vecchio ordine», che oggi si oppone ancora più visibilmente al «Nuovo Ordine Mondiale», al «Novus Ordo Misae» o al concetto di «New Age» chiesa sincretistica globale. I nostri padri, nel concetto della politica del possibile, hanno sempre cercato di preservare la nostra cultura, la nostra lingua — ma soprattutto la nostra fede cattolica e con essa il più possibile del «vecchio ordine». I nostri antenati erano consapevoli che la rivoluzione inizia a un metro dai confini della Chiesa cattolica. La controrivoluzione, al contrario, abita solo fuori dalle sue mura.
2.4.20 Sua Santità, quindi, la vera rottura nella percezione della nostra storia è il fatto che la più grande festa laica in Slovacchia oggi è il 29 agosto[55]. In questo giorno si commemora l'Insurrezione nazionale slovacca del 1944 da parte di comunisti, liberali, democratici, cecoslovacchi, partigiani e una parte confusa dell'esercito slovacco contro uno stato autoritario e clericale guidato dal prete cattolico Mons. Jozef Tiso. Secondo i suoi protagonisti, la rivolta doveva portare alla «creazione di uno stato popolare democratico dei cechi, degli slovacchi e degli ucraini della Carpazia». Tuttavia, la prima cosa che gli insorti hanno fatto nei territori occupati è stata quella di rimuovere le croci dalle scuole, limitare l'accesso delle minoranze ai sacramenti religiosi e mischiare le classi di ragazze e ragazzi insieme nelle scuole.
2.4.21 Non c'è stata nessuna rivolta del «popolo democratico» contro il «clerofascismo» nel 1944. L'insurrezione assomigliava al giacobinismo nelle sue caratteristiche e nella sua crudeltà. Partigiani di gruppi democratici popolai e dei gruppi comunisti uccisero in modo crudele[56] civili e sacerdoti cattolici. [57]
2.4.22 Nel 2018, Anna Kolesárová (* 1928 - † 1944) è stata beatificata a Košice come martire slovacca della castità.[58] Tre mesi dopo lo scoppio dell’insurezione, fu fucilata da un soldato sovietico sul nostro territorio perché si è rifiutata di concedersi a lui. Fu proprio la «insurrezione democratica popolare» che aprì la strada ai comunisti sovietici per entrare nel centro della nostra patria senza combattere. Così come l’insurezzione era celebrata un tempo dai comunisti, oggi è celebrata dai liberali e dai democratici. Soprattutto perché è stata la nostra, slovacca Grande Rivoluzione Francese, quando forze rivoluzionarie socialiste, liberali e democratiche si sono alzate contro un regime autoritario promuovendo la fioritura della vita cristiana e nazionale — con tutte le sue imperfezioni, difetti e peccati.
2.4.23 I sostenitori di queste forze rivoluzionarie perseguitarono l'intelletuali slovacchi, i preti e i vescovi cattolici dopo la guerra. Mons. Jozef Tisa fu impiccato nel 1947 meno di due settimane dopo la domenica di Pasqua. La sua esecuzione fu supervisionata da un’inviato speciale del presidente ceco, Eduard Beneš. La Cecoslovacchia fu d’allora governata dal regime Beneš-Gottwald, un regime di colaborazione tra i democratici e i comunisti, che liquidarono insieme i rappresentanti delle forze cattoliche slovacche controrivoluzionarie. Un anno dopo, il partito comunista vinse le elezioni nelle terre ceche. Il resto degli inteletuali cattolici controrivoluzionari slovacchi non ebbe altra scelta che emigrare all'estero di fronte al sanguinario spirito rivoluzionario che soffiava da Praga.[59]
2.5
Un bacio alla nazione — uno schiaffo alla tradizione
A proposito del Consiglio, che l'esule slovacco ha inteso come una vittoria delle ambizioni nazionali
2.5.1 Sua Santità, il suo predecessore di benedetta memoria, Papa Pio XII. (* 1876 — † 1958), con le sue encicliche, ha riportato l'attenzione della Chiesa sull'evangelizzazione dei popoli dopo la Seconda guerra mondiale. Secondo Sua Santità, le nazioni dovevano ora essere evangelizzate e governate nello spirito di Cristo direttamente dai pastori che erano scesi da quelle nazioni. Infatti, Pio XII era consapevole che dopo la Seconda guerra mondiale erano sorte nuove formazioni statali in cui una mescolanza di popoli si trovava spesso in posizioni diverse da quelle in cui aveva convissuto per molti secoli prima delle due guerre mondiali. Questo fu anche il caso della Cecoslovacchia, dove, dopo un breve periodo di vita statale propria, la nazione slovacca si trovò ancora una volta non solo sotto la dominazione ceca, ma anche nella morsa di un regime comunista ateo.
2.5.2 Il presidente Tiso nel 1946, mentre era ancora in prigione, attraverso il suo segretario personale, emise l'ultimo decreto presidenziale che istituiva un collegio di rappresentanza e gli trasferiva il potere giuridico dello Stato slovacco di cui era presidente. Ha anche affidato a questo collegio anche compito di dirigere la lotta per il riconoscimento dell'indipendenza dello stato slovacco in esilio.
2.5.3 Il comunismo ateo sta ora perseguitando la Chiesa in Slovacchia dal suo centro di Praga, tanto più che la considera come traditrice nella causa della divisione della Cecoslovacchia, come fascista nel senso di aiutare il regime che ha conservato le vecchie condizioni, e come pericolosa nel senso che potrebbe aiutare il ripristino dell'indipendenza statale slovacca. I comunisti stanno chiudendo con la forza i monasteri e seminari e, nell'unico che rimane in Slovacchia, stanno limitando e controllando i candidati al sacerdozio. In questa situazione, l'emigrazione cattolica slovacca — organizzata anche dai personaggie del citato colleggio di rappresentanza — si rende conto dell'urgente necessità di costruire un proprio seminario slovacco in esilio. Questo era soprattutto per preparare i figli degli emigranti slovacchi al futuro ministero sacerdotale in Slovacchia, che — comprensibilmente — doveva essere preceduto dalla loro adeguata educazione nella lingua slovacca.
2.5.4 Il nostro esilio sacerdotale, quindi, dal 1961 iniziò a concentrarsi nel neonato Collegio Slovacco dei SS. Cirillo e Metodio a Roma. La sua creazione e il suo funzionamento sono stati generosamente sovvenzionati dagli slovacchi americani. Già prima della sua fondazione, però, l'istituto dovette lottare con le avversità della Curia romana. Purtroppo per noi, il cardinale Alfredo Ottaviani, che dal 1926 al 1928 fu rettore del Collegio Boemo, poi il Pontificio Collegio Boemo Nepomuceno, lavorava lì in quel periodo. Sua Eminenza il Cardinale Ottaviani, dalla sua posizione di rettore del collegio ceco Nepomucenum (dal 1953), ha ostacolato gli slovacchi affinché non potessero fondare un seminario superiore slovacco. I cechi riuscirono a convincerlo che un seminario slovacco avrebbe sottratto studenti a quello ceco.
2.5.5 Il Pontificio Collegio Slovacco dei Santi Cirillo e Metodio è stato approvato dal decreto di Sua Eminenza il Cardinale Tisserant, ma — soprattutto per colpa del Cardinale Ottaviani — il Colleggio non può stare sul terreno del Vaticano. Gli slovacchi si sentono così umiliati dal cardinale Ottaviani e costruiranno il loro seminario oltre i confini dello Stato Vaticano, dove il potere di Ottaviani non si estende più.
2.5.6 Sua Santità, come Le è ben noto, Sua Eminenza il Cardinale Alfredo Ottaviani fu nominato da Papa Giovanni XXIII Presidente della Commissione Dottrinale per la preparazione del Concilio Vaticano II. Ha presso posizioni molto conservatrici al Consiglio, che però non sono riuscite a prevalere. Nel 1969, un anno dopo essersi dimesso da tutti i suoi uffici, questo «carabiniere della fede» — come è stato soprannominato — sostenne le obiezioni di Mons. Lefebvre contro Novus Ordo Misae, cioè il nuovo ordine della messa.
2.5.7 Tuttavia, l'esperienza dei sacerdoti slovacchi e soprattutto dei loro generosi benefattori — gli slovacchi americani — con il cardinale Ottaviano come «protettore degli cechi» è già stata per sempre impressa nella loro memoria.
2.5.8 Avere una rappresentanza sotto il nome della propria nazione in un periodo in cui non c'era l'indipendenza dello stato slovacco, quando non c'erano rappresentanze diplomatiche slovacche, né istituzioni scientifiche e culturali slovacche, e quando quindi era impossibile presentare liberamente il nome slovacco nel mondo e nella «città eterna», era importante per la nostra nazione, per la nostra Chiesa e per la nostra rappresentanza politica in esilio. Attraverso il Collegio, gli slovacchi potevano diventare membri di varie istituzioni internazionali, che presupponevano un'adesione istituzionale e collettiva.
2.5.9 Il Pontificio Collegio dei Santi Cirillo e Metodio divenne anche una sorta di punto di riferimento per la Santa Sede e la Curia Romana in tutte le questioni riguardanti la Slovacchia. Perciò, anche la fondazione della provincia ecclesiastica slovacca nel 1977, che fu stabilita da Papa Paolo VI con la costituzione «Qui Divino», fu in gran parte opera del Collegio e dei sacerdoti che vi vivevano e lavoravano.
2.5.10 La presa di posizione del cardinale Ottaviani — come difensore della tradizione — contro il seminario slovacco divenne così il primo dei due momenti emotivamente cruciali che rimasero impressi nella memoria dei sacerdoti slovacchi del Collegio, che in seguito avrebbero servito nel ministero pastorale in Slovacchia e nelle comunità slovacche in tutto il mondo.
2.5.11 Il secondo momento emotivamente cruciale ebbe luogo durante l'udienza personale con Papa Paolo VI, che ricevette il 14 settembre nella Sala di Clemente nel Palazzo Apostolico più di cinquecento slovacchi - tra cui molti slovacchi americani — guidati dai loro padri spirituali. Era la vigilia della consacrazione della cappella del Collegio. Nel suo discorso, il Papa ha sottolineato che conosce la storia e la spiritualità slovacca. Alla fine, si inchina alla bandiera slovacca. La benedisse. E tenendola nelle sue mani la bacia... Fu un gesto che gli slovacchi stranieri paragonano a gesto di Papa Giovanni Paolo II quando, nella primavera del 1990, nella sua prima storica visita in Slovacchia, scese dall'aereo, si inginocchiò e baciò il suolo slovacco. Questo avvenne nel periodo in cui la Slovacchia era ancora parte della Cecoslovacchia...
2.5.12 Sua Santità, questi due momenti emotivamente così forti hanno avuto un ruolo nella nostra storia. Mentre la tradizione, nella persona di Ottaviani, ha dato uno schiaffo alla nostra nazione, invece una tempesta modernistica benedetta da Papa Paolo VI, nella persona di Sua Santità, ha dato un bacio alla nostra nazione. Un bacio che da allora si è trasformato sempre più in uno schiaffo alla tradizione.
2.5.13 Papa Paolo VI ha anche pagato il Collegio per stampare Messali con la nuova messa post-conciliare. La Messa si celebrava era già in lingua slovacca e non in latino. In slovacco, che ricordava agli slovacchi nel mondo così tanto la loro casa, da cui dovettero fuggire dopo la guerra. A causa dei comunisti e del governo centrale di Praga. Così, 25 anni dopo la fuga degli intellettuali slovacchi, la messa in slovacco divenne il compimento dell'unità del motto «pro Deo et Patria», a cui avevano dedicato tutta la loro vita in buona fede...
2.6
Rondini slovacche dello spirito del progresso
Sull'idolatria rivoluzionaria, sublime, che divora i suoi figli
2.6.1 Sua Santità, come Le abbiamo mostrato, i figli della nazione slovacca emigrati — e successivamente quelli in patria — hanno unito l'antica aspirazione per l'elevazione della loro lingua e nazione con l'entusiasmo contemporaneo per grandi cambiamenti nella Chiesa, e insieme ad altri si sono entusiasmati per la promessa della «nuova Pentecoste». E mentre lo spirito del progresso ha subdolamente sovvertito le verità della Fede una ad una nel nome dello «spirito del Concilio», gli uomini di spicco della nostra nazione si sono lasciati trasportare dalla corrente dell’epoca che — alla prima vista — sembra nobile tentativo del servizio al loro popolo e alla Chiesa.
2.6.2 Nonostante tutti i benefici che il Pontificio Coleggio dei Santi Cirillo e Metodio a Roma ha portato alla nostra nazione in termini ecclesiastici e pastorali, è opportuno oggi di chiedersi se le controversie con il cardinale Ottaviani riguardanti la costruzione del collegio slovacco non siano state divergenze su questioni di livello inferiore, in conseguenza delle quali sono state dimenticate le priorità di livello superiore. Vale anche la pena di chiedersi se questa ferita — sebbene molto dolorosa — non sia stata, alla fine, troppo sopravvalutata dagli uomini importanti della nostra nazione. E questo insieme alla lotta di liberazione nazionale condotta contro il governo centrale di Praga e contro la superiorità dell'elemento ceco su quello slovacco nello stato comune.
2.6.3 È possibile che sia stato il fervore nazionale a spingere i nostri vescovi a rifiutare l'elaborato Messale Romano glagolitico in slavo ecclessiastico antico di Tkadlíček. Avrebbero potuto considerare il Messale in slovacco antico presentato dai vescovi cechi come un altro attacco alla lingua slovacca e agli interessi nazionali slovacchi. Mentre il Messale glagolitico — in slovacco ecclessiastico antico, che non era una lingua ludica nemmeno ai tempi della sua origine — è il patrimonio comune di tutti i popoli slavi fedeli alla Sede di San Pietro.
2.6.4 Grazie al loro fervore nazionale, i migliori figli della nazione slovacca non hanno notato i semi di decadenza che si erano insinuati nel loro lavoro. E quale uomo poi è abbastanza coraggioso da guardarsi indietro e riconoscere gli errori nelle cose a cui ha dedicato tutta la sua vita? L'orgoglio è una grave tentazione, specialmente per le persone che hanno raggiunto un posto importante nel mondo.
2.6.5 Tuttavia, è ormai innegabile che la superiorità dell'autodeterminazione nazionale sull'ortodossia religiosa ha creato quell'effetto scioccante e paradossale che ha reso il cattolicesimo slovacco instabile e incapace come conseguenza diretta della sua ricerca di indipendenza. Questo era dovuto al fatto che era uno dei pochi al mondo — anche nelle sue componenti politicamente maggiormente conservatrici — a non mostrare alcun dubbio sulla direzione della Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. Ed è per questo che oggi la nostra nazione è rimasta dipendente dalle autorità ecclesiastiche di altre nazioni nelle questioni di vera fede.
2.6.6 Il fallimento dell'emigrazione slovacca in Occidente, che si considerava la custode della tradizione slovacca secondo i principi nazionali e cattolici, si sta ora rivelando fatale. La nostra emigrazione, a differenza della popolazione in Cecoslovacchia, aveva informazioni dettagliate sugli sviluppi scandalosi nella Chiesa negli anni '60. Gli emigranti sapevano di riprovevoli indolenze liturgiche, dottrinali o morali, o della deliberata diffamazione della Chiesa da parte di rivoluzionari dall’interno della Chiesa, e tuttavia si rassegnavano completamente a qualsiasi opposizione e atteggiamento critico esspresi su questi fenomeni.
2.6.7 Sfortunatamente, al contrario, hanno adottato queste idee e si lasciarono influenzare dall’immagine chimerica dell'effetto benefico dell'introduzione della lingua popolare nella liturgia, che ai loro occhi doveva essere una conferma delle ambizioni nazionali e l'elevazione di una lingua fino ad allora trascurata e ignorata al livello «mondiale». [60]
2.6.8 L’aristocrazia conservatrice della nazione slovacca trascurò tutti i segnali che indicavano, che dopo l'attacco esterno del comunismo e del nazismo alla Chiesa sarebbe arrivato un assalto frontale alle sue mura proprio dall'interno.
2.6.9 La Chiesa dell'Esaltazione della Santa Croce a Petržalka, costruita tra il 1931 e il 1932 in stile architettonico funzionalista, fu presagio del cambiamento abissale dell'architettura sacrale che sarebbe seguito dopo la guerra. L'arretramento della bellezza a favore della pura convenienza ha infine portato all'attuale architettura modernista delle chiese, che manca di qualsiasi attributo di sacralità, e che ha completamente distrutto il significato e l'essenza dello spazio liturgico del presbiterio. Nelle vecchie chiese, ha separato l'altare dal tabernacolo di Dio mettendo «tavolo della Santa Cena». Nelle nuove chiese, ha separato il tabernacolo anche dal «tavolo della Santa Cena» in modo che il centro della chiesa diventa il sacerdote che «presiede» la messa come cena comune dell'assemblea dei fedeli.
2.6.10 Le illustrazioni dell'artista impressionista Imrich Barta (* 1925 — † 1999) nel «Messale latino-slovacco» pubblicato nel 1952[61] sono il tentativo dell'autore, nello spirito dell'impressionismo, di catturare la vita liturgica come appariva in quel preciso momento, venti anni prima del Concilio Vaticano II. E questo in completa contraddizione con quello che il Messale della Messa di tutti i tempi descriveva nelle sue rubbriche ancora con la parola. Così, nel Messale preconciliare, Barta ha disegnato il tavolo della Santa Cena, i pani al posto delle ostie, e anche altre innovazioni della teologia postconciliare, com’è il misterioso scambio di doni tra Dio e l'uomo.[62]
2.6.11 Ma non è tutto. In questo Messale, nell'istruzione sull'aspersione dell'acqua santa all'inizio della Messa di tutti i tempi detta «Asperges», si legge che i cristiani ricevevano abitualmente il Corpo di Cristo sulla mano. [63]
2.6.12 Se il modernismo e il suo spirito di progresso potevano dilagare così prima del Concilio, dopo il Concilio non si sono fermati davanti a nulla — nemmeno davanti all'inno del tredicesimo secolo, composto da San Tommaso d'Aquino (* 1225 — † 1274) per l’adorazione del Corpo di Dio. La canzone «Tantum ergo Sacramentum»[64], cioè «Un così grande sacramento veneriamo»[65], divenne un'arma di propaganda dello «spirito del Concilio» nelle mani dei progressisti. Una nuova traduzione slovacca di questo inno è apparsa nel III. Volume della Liturgia delle Ore post-conciliare, approvato nel 1989 e pubblicato nel 1990.[66] D’allora, la «Messa antica» deve sostituire una «nuova, sublime», e come se non bastasse, tutto questo deve essere aiutato da una «fede unita all'amore».
2.6.13 Ma come l'ha scritto San Tommaso d'Aquino? In latino dovrebbe essere sostituto «antiquum documentum», cioè «documento antico», con «novo ritui», cioè «nuovo rito». Perché all’epocha del «maestro angelico» la Chiesa insegnava una «teologia della sostituzione» secondo la quale i cristiani sono gli unici continuatori della religione ebraica, e Dio ha sostituito tutti i riti precedenti degli ebrei con la Santa Messa. Così, San Tommaso, in un inno di celebrazione del Corpo di Dio, canta che il sacrificio di Cristo sulla Croce nella Messa, presentata sotto la forma di pane, ha sostituito tutte le pratiche dell'Antico Testamento, perché nel Sacrificio del nostro Signore Gesù Cristo al Calvario si è compiuto il Vecchio Testamento. La vecchia traduzione slovacca preconciliare rispettava rigorosamente questo senso, semplicemente invertendo l'ordine dei significati di «rito» e «legge», ma senza cambiare il senso complessivo. Così, prima del Concilio, il «rito del passato» doveva cedere il passo alla «nuova legge attuale».[67]
2.6.14 In questa forma, però, il testo non poteva essere usato esplicitamente contro il vecchio rito della Messa di tutti i tempi — nel senso che la vecchia Messa doveva essere sostituita da un nuovo ordine di Messa postconciliare — e quindi doveva subire un cambiamento di significato. Come bonus, lo spirito del progresso ha aggiunto anche la «carità» al testo, che non era presente nell'originale, e San Tommaso si è accontentato della sola fede per supplire al difetto dei nostri sensi... [68]
2.6.15 Sua Santità, il «Jednotný katolícky spevník» (abbreviato «JKS») — «Canzonale cattolico unico» — è stato in uso in Slovacchia fin dalla sua prima edizione nel 1937 – cosa che non ha eguali in Europa. I suoi testi dogmaticamente corretti sono sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale e al comunismo, ma non ai devastanti cambiamenti dello spirito del Concilio. Dopo il Concilio, non furono solo le canzoni tradotte ad essere cambiate — come abbiamo mostrato sopra — ma anche gli inni propri, composti da Nicholas Schneider-Trnavský (* 1881 — † 1958).
2.6.16 Uno di questi, per esempio, è anche la canzone quaresimale n. 177 — «Ho lavorato abbastanza», dove, fino al Concilio, abbiamo cantato insieme al nostro Signore Gesù Cristo, «Vado, vado a Gerusalemme, dove la tribù ebraica mi crocifigge». Dopo il Concilio, si canta che Cristo è crocifisso da «questa tribù umana» e la parola «ebrei» è sparita del tutto dal testo. Naturalmente, questo ha a che fare con il fatto che dopo il Concilio la Chiesa ha cambiato il suo insegnamento, spiegato nella «teologia della sostituzione», ed ha concesso agli ebrei la possibilità di una sorta di via parallela di salvezza, che essi possano raggiungere anche senza credere in Cristo.
2.6.17 Vale la pena di segnalare anche le traduzioni delle Sacre Scritture secondo la «Nova Vulgata» post-conciliare del 1979. Se confrontiamo l'attuale traduzione slovacca, che è stata prodotta in parte durante l'esilio romano[69], e le traduzioni più vecchie[70] secondo la Vulgata Sisto-Clementina (1592), troviamo che i cambiamenti introdotti nel 1979 hanno una cosa in comune — cioè un alto grado di interpretazione e la rimozione delle note che preservavano l'interpretazione cattolica della Sacra Scrittura. La tradizione tramandata di generazione in generazione ha dovuto cedere il passo alle congetture e supposizioni filologiche, linguistiche e religiose. E così, come abbiamo già visto nell'intervento di Papa Benedetto XVI per la questione delle parole di consacrazione errate — questo approccio modernista non è affatto affidabile.
2.6.18 Anche la preghiera «Credo in Dio» non ha resistito al tornado postconciliare. Cristo non è più disceso agli inferi[71] — cioè, in latino, «descendit ad inferos» — ma è disceso solo ai «defunti». Questo cambiamento non ha contribuito a relativizzare l'esistenza dell'inferno? E sminuire la vittoria di Cristo sul diavolo?
2.6.19 Sua Santità, potremmo continuare in questo modo sempre di più.
2.6.20 Ed è per questo che l’entusiasmo di tale sviluppo dopo il Secondo Concilio Vaticano che ha soprafatto intera classe conservatrice degli slovacchi emigrati in Occidente — e che a momenti prendeva le sebbianze profetiche dell’arrivo della «nuova Pentecoste» - non ha paralleli nelle cerchie controrivoluzionarie e conservatori sia in Europa che in America. In totale contrasto con la logica interna del pensiero consevatore si stava festeggiando la rivoluzione nella Chiesa — di cui frutti abbiamo fatto conoscere sopra — e dalla quale cercavano «custodi slovacchi della tradizione» ricavare insignifanti nazionali profitti.
2.6.21 Sua Santità, tuttavia, il taglio delle radici della Chiesa doveva inevitabilmente comportare il taglio dei suoi figli spirituali — l'Europa cristiana e i suoi popoli cristiani. Nel diluvio dell'anarchia multietnica e dell'importazione di idee ed etnie orientali, l'idea di una nazione slovacca indipendente — che è nata proprio da secoli di cattolicesimo europeo - perde infine la sua base reale.
2.6.22 Gli esuli slovacchi in Occidente, che scambiarono la vera fede cattolica con doni — che oggi si rivelano essere doni di Danao — sotto forma del Pontificio Collegio dei Santi Cirillo e Metodio e di una provincia ecclesiastica slovacca indipendente, videro che il frutto del loro lavoro si è rivolto contro loro stessi — proprio come succede solitamente nel caso delle rivoluzioni. In una serie di preghiere pubblicate nel 2015 sotto il titolo «Preghiere per il 70° anniversario della Liberazione»[72], i vescovi slovacchi ringraziano per «la vittoria della libertà sulla dittatura nazista».
2.6.23 Eppure, sono stati gli anni del dopoguerra 1944-1948 per i quali i vescovi slovacchi oggi ringraziano, e che hanno costretto i migliori figli della nostra nazione all'emigrazione permanente. È proprio questo periodo che rappresenta nella nostra storia una delle fasi più crudeli della persecuzione popolare democratica del dopoguerra di cattolici slovacchi, che poi passò invisibilmente nel terrore comunista che durò per più di quarant'anni dopo la guerra. Il cerchio è stato così chiuso. Pregare e ringraziare per questo periodo della «vittoria della libertà» alla luce della recente canonizzazione di Anna Kolesárová — la martire della purezza assassinata dai «liberatori» sovietici della Cecoslovacchia — è la vera idolatria rivoluzionaria, nobile e del tutto in ligua slovacca, che alla fine divora anche i suoi stessi figli. E nonostante il fatto che tutto si svolga in slovacco, la gente non lo capisce lo stesso...
III.
Sua Santità,
il peso della perplessità e dell'impotenza che i cattolici in Slovacchia — e pure in tutto il mondo — debbano sopportare sta diventando sempre più pesante. Il continuo spostamento caotico dei confini secolari della fede, delle leggi ecclesiastiche o della morale diventa ogni giorno più insopportabile. Le cause e i problemi che vi abbiamo presentato non sono la somma totale della nostra perplessità, ma solo la punta dell'iceberg che è stato accumulato sul corpo della Chiesa nel corso degli anni.
Non ci permetteremmo di disturbarLa se non sapessimo — come dovrebbero sapere i veri figli e figlie della Chiesa — che la chiave per risolvere questi problemi è nelle Sue mani. È la chiave — o le chiavi — che furono affidate al Suo predecessore — Papa Pietro — dal Salvatore stesso, nostro Signore Gesù Cristo. Grazie a questo potere delle chiavi, è Lei unico che può mettere fine a tutta la perplessità e l'impotenza.
Sicuramente — dopo averLe presentato le sopracitate cause della nostra perplessità — non c’è bisogno di consigliarLe quello che dovrebbe essere il rimedio al caos attuale. È sicuramente un ritorno alla certezza della tradizione, senza adattarsi a un mondo contemporaneo che sta vaccilando nell'anarchia spirituale, culturale e morale. È un ritorno a quella tradizione che Lei ha avuto la gioia di conoscere da bambino e da giovane; una tradizione che L'ha formata e, crediamo fermamente, L'ha condotta alla vocazione santa per sacerdozio.
Siamo troppo presuntuosi se vogliamo conoscere la bellezza redentrice e gli effetti di questa tradizione integra su noi stessi e sui nostri figli? Non è forse nostro dovere — ma anche nostro diritto — invocare e rivendicare questa tradizione? I principi della Chiesa di oggi sono in grado, come il re nella favola «Il sale più delll'oro», di ammettere finalmente che hanno ingiustamente mandato via i figli e le figlie che misuravano in sale la grandezza del loro amore per la Chiesa? Sale che, sebbene incluso nella roccia — nella Chiesa — e per molti anni dormiente, non aveva perso il suo sapore...
Ci appelliamo a Lei, Sua Santità, affinché ci conceda il dono spirituale di una guida ferma, di una dottrina infallibile e di una morale incrollabile, che sono state concesse anche a Lei. Non chiediamo niente di più di quello che Sua Santità stessa non ebbe ricevuto.
Questo è il sale con cui condire il corpo della Chiesa, dal quale si sta gradualmente staccando arto dopo arto, diffondendo il fetore sconvolgente della decadenza e della sovversione, e in più — poiché la Chiesa cattolica è l'anima del mondo — la decadenza nella Chiesa colpisce il mondo intero, e lo sta gettando indietro nel passato pagano, che ancora cento anni fa sembrava di essere già sconfitto.
Così come vi accoglieremo con il sale reale, non allontanateci, ma accoglieteci anche con il sale spirituale — con un ritorno alla tradizione immutabile e millenaria della Chiesa cattolica, una, santa ed apostolica.
In unità con la Sede di San Pietro e Roma eterna,
in Decollatione S. Joannis Baptistæ,
in Cristo Suoi, e al Suo Santo ufficio devoti,
Igor Cagáň, Branislav Michalka, Milan Žiak, Radovan Novotný,
presentatori.
Note a piè di pagina
[1] Vedere la fiaba Sale sull'oro registrata dal cantastorie slovacco Pavel Dobšinský o la scrittrice di fiabe ceca Božena Němcová, la cui storia fu raccontata da una cameriera delle terme di Sliač in Slovacchia.
[2] Gli ebrei al tempo di Cristo ottenevano il sale dalla pece, o bitume (come miscela liquida di idrocarburi), che perdeva facilmente la sua salinità (si consumava). Con il nostro sale non è così evidente.
[3] Letterta di sua santità Benedettoo XVI al presidente della Conferenza episcopale Tedesca, indirizzato al suo presidente, mons. Robert Zollitsch, in cui affronta la forma della traduzione appropriata delle parole di consacrazione sul calice, 14 aprile 2012.
[4] 68,9% cattolici romani e 4,1% cattolici greci;
[5] Nel nostro paese, la rappresentanza dei credenti praticanti sta aumentando soprattutto verso nord verso la Polonia e verso est verso le frontiere ucraine, e, al contrario, diminuendo verso sud verso l'Ungheria «calvinista» e verso ovest verso le frontiere austriache «moderniste» e le frontiere con la Repubblica Ceca «hussita», che spesso diventa un «territorio di missione» per i nostri sacerdoti.
[6] Dato che in Slovacchia è stato imposto l'obbligo della vaccinazione completa per coloro che vorrebbero incontrare Sua Santità, il numero di cattolici che verranno effettivamente ad accoglierla fisicamente sarà drasticamente inferiore a quello della visita apostolica di Papa Giovanni Paolo II.
[7] L'amministratore della parrocchia è padre Jozef Kováčik, che ha servito fino al 2014 come portavoce della Conferenza episcopale slovacca e attualmente è il direttore dei programmi di TV Lux, che è a maggioranza della KBS.
[8] Bleha, B. — Vaňo, B. et al.: Demografický atlas Slovenskej republiky. Bratislava: Geo-grafika: Prírodovedecká fakulta Univerzity Komenského, Katedra humánnej geografie a demografie: Výskumné demografické centrum: INFOSTAT, Inštitút informatiky a štatistiky, 2014, 978-80-89317-28-8.
[9] Inoltre, la Slovacchia non ha alcuna parte nella schiavitù storica e non ha nemmeno un passato coloniale — a parte alcune delle recenti guerre coloniali della NATO a cui, purtroppo, abbiamo partecipato come paese. Così facendo, l'attuale fiasco della civiltà euro—atlantica in Afghanistan non fa che sottolineare il fallimento dell'aggressiva ideologia neoconservatrice e acattolica che stava dietro questa invasione. Questo è ciò che i »democristiani» in patria e nel mondo hanno scelto come loro, e invece di vent'anni di predicazione del Santo Vangelo e di conversione dei musulmani, hanno creato la più grande catastrofe umanitaria del nostro tempo, che la famiglia media cattolica slovacca non può nemmeno iniziare a mitigare.
[10] Heriban, J. [preklad]: Biblia: Sväté písmo Starého a Nového zákona. 12. vyd.. Trnava: Spolok svätého Vojtecha, 2013. ISBN 978-80-7162-996-2. Imprimatur: Joannes Sokol, Archiepiscopus — Metropolita, Tyrnaviae, die 6. Maii, 2003.
[11] Usa la parola «popolo» 152 volte, la parola «altri» 135 volte, la parola «amore» 96 volte, la parola «fratello» o «fratellanza» 82 volte, parole come «apertura» o «aperto» 76 volte, la parola «dialogo» 40 volte, ma solo il nome «Gesù» 27 volte, e l'aggettivo «Cristo» solo 11 volte.
[12] Nostra Aetate, 1965, paragrafo 3.
[13] Biblia sacra vulgatae editionis, Romae 1598, p. 1087.
[14] Donoval, J. [preklad]: Písmo sväté. Nový zákon Pána Nášho Ježiša Krista. Časť II.: Listy Apoštolské a Zjavenia sv. Jána Apoštola. Trnava-Nagyszombat: Spolok svätého Adalberta (Vojtecha), 1914. 200 s. Nihil obstat: Richardus Osvald (1283/1912). Imprimatur: Ludovicus Rajner, Episcopus, Vicarius Generalis Archeppalis, Strigonii, die 29. Februarii 1912.
[15] Zlatoš, Š. – Šurjanský, A. [preklad]: Písmo sväté Nového zákona. 3. vyd.. Trnava: Spolok sv. Vojtecha, 1949. Imprimatur: Paulus Jantausch, Episcopus, Administrator Apostolicus, Tyrnaviae, die 28 Novembris 1945.
[16] Santità, ci perdoni per il sospetto con cui guardiamo anche alcuni rifugiati cristiani. Sia i padri di famiglia che lavorano in Europa occidentale che i nostri sacerdoti che vi lavorano ci testimoniano che gli ordini religiosi maschili o femminili, o il sacerdozio in quanto tale, stanno diventando sempre più per alcuni immigrati non europei un semplice biglietto d'ingresso in Europa. Le suore si sposano, i preti si sposano, e non è raro che continuino a praticare i loro riti e costumi pagani proprio nelle nostre chiese e cattedrali cattoliche una volta arrivati in Europa.
[17] Nella mitologia slava, il svatoháj era un bosco o una foresta sacra, dove era proibito tagliare gli alberi o anche rimuovere il legno morto da essi, perché gli slavi lo consideravano terreno sacro.
[18] Santità, nello spirito della Sua enciclica «Laudato Si'» (2015), tuttavia, nel luglio 2021 in Slovacchia, nella chiesa di Santo Stefano a Bratislava, lo spazio liturgico è stato disturbato. I cappuccini, che gestiscono la chiesa, hanno coperto i due altari laterali, così come l'altare principale, con collage di fotografie di uccelli per «ricordare l'armonia tra il Creatore e tutta la creazione». Invece, ricordano più la cattedrale di Notre Dame de Paris del 1793, che i rivoluzionari francesi trasformarono nel «Temple de la Raison», o «Tempio della Ragione». Sull'altare maggiore, al posto del vero Dio, hanno messo una cantante d'opera che rappresentava la «déesse de la Raison», la «dea della ragione». In entrambi i casi, il posto sovrano di Dio nella chiesa era occupato dalle sue creature... «Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?». (cfr. Mt 7,16)
[19] Mons. Baxant è il primo vescovo ceco a celebrare una messa pontificia «preconciliare» nella Repubblica Ceca secondo il Messale di Giovanni XXIII in quarant'anni dal Concilio Vaticano II.
[20] Labo, Š.: Róbert Bezák: pravda o odvolanom arcibiskupovi. Praha: Ottovo nakladatelství, 2014, 176 s., 978-80-7451-403-6.
[21] A questo festival mons. Bezák ha dichiarato che «il Signore Dio è il più grande intrattenitore, che è dove la gente si diverte» e che «tremare e inginocchiarsi non ci aiuterà più, appartiene all'età della pietra».
[22] Durante la Notte delle Chiese del 2011, mons. Bezák ha permesso a Zuzana Smatanová (* 1984) di cantare un'interpretazione rock della canzone leggermente erotica «Cherries» di Hana Hegerova (* 1931 — † 2021) nella chiesa della sua sede, la Cattedrale di San Giovanni Battista a Trnava. La canzone intreccia metaforicamente l'immagine delle ciliegie con i giovani seni femminili, e il testo culmina con le parole: «Quando lo shuhaj ti sorride da sotto la barba, tira fuori velocemente le ciliegie da sotto la camicetta».
[23] Tuttavia, mentre mons. Bezák ha mostrato il suo volto angelico davanti ai media, le dichiarazioni di alcuni sacerdoti e impiegati diocesani testimoniano il suo volto distolto. Quest'ultimo si è finalmente manifestato nella sua pienezza, soprattutto nella sua relazione con mons. John Sokol, arcivescovo emerito, che mons. Bezák è riuscito ad entrare in carica. Mons. Bezák ha vessato il suo predecessore, non gli ha permesso di celebrare la messa a Trnava e ha condotto una campagna di discredito contro di lui nei media.
[24] Oko, D.: Levanduľová mafia. S pápežmi a biskupmi proti homo-klikám v Cirkvi. Nadácia Slovakia Christiana: Bratislava, 2021.
[25] Allo stesso tempo, Páter Oko non vede il caso di Róbert Bezák in modo isolato, ma nota che nel prossimo futuro — il 2 giugno 2012 — il vescovo degli anni mons. Bezák anche in Lituania. Nello specifico, si tratta del vescovo domenicano Vilhelms Lapelis (nato nel 1961) di Lipawa. La Santa Sede ha dato a mons. Bezák ha anche la possibilità di dimettersi dall'ufficio di vescovo fino a circa la fine di giugno 2012, al fine di evitare lo scandalo. Mons. Bezák rifiutò questa opzione e — a differenza di Lapelis — pubblicizzò lui stesso il suo caso. Secondo P. Oko, l'omolobby all'interno della Chiesa prende la forma dell'omoeresia, che egli definisce come la negazione dell'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità e la pratica dell'atto omosessuale. Il pastore fa notare che più dell'80% dei casi di abuso di minori da parte del clero cattolico sono casi in cui le vittime erano maschi, cioè gli autori erano sessualmente inclini allo stesso sesso. Inoltre, l'età delle vittime in circa quattro quinti dei casi era superiore a 11 anni, cioè poco prima della pubertà o nella pubertà. Tale propensione sessuale è indicata come efebofilia, che è un sottoinsieme delle tendenze omosessuali. La soluzione agli scandali sessuali, ci ricorda il pastore, è la stretta aderenza alla pratica della Chiesa in quanto l'omosessualità è un serio impedimento all'ordinazione di un candidato al sacerdozio. Il pastore accoglie quindi con favore il giro di vite della Santa Sede sui vescovi che hanno la tendenza a ordinare omosessuali come sacerdoti — che potrebbe essere il caso di Bezák.
[26] Nella Messa di tutti i tempi, secondo la tradizione cattolica, nessuno può toccare i vasi sacri (calice e ciborio) tranne il sacerdote che si è lavato le mani in precedenza. Inoltre, solo il sacerdote, con le mani lavate, prepara la grande ostia sacerdotale e le ostie più piccole per i fedeli. I libri sacri sono toccati solo dal sacerdote stesso e lui legge da essi. Solo il sacerdote legge dal Messale. Quando il ministrante porta il messale, non tocca il libro stesso, ma solo il supporto sotto di esso. Non c'è processione con l'offertorio, per la maggior parte (eccetto, per esempio, nel rito domenicano). Il ministrante tiene le teiere per il fondo, mentre il sacerdote le afferra per le orecchie. Se il sacerdote starnutisce, le ostie per i fedeli sono messe in un piccolo ciborio chiuso con un coperchio. Il sacerdote non può toccare nient'altro con le dita che usa per toccare le Anime Sante già trasfigurate. Le rubriche gli vietano di farlo in caso di peccato grave, e quindi il sacerdote tiene le dita «legate» dalla transustanziazione. Il segno della pace non viene dato affatto dai fedeli alla Messa di tutti i tempi. Solo in una messa assistita il sacerdote saluta il diacono e il suddiacono. Gli afferrano i gomiti con i palmi delle loro mani dal basso, e il sacerdote mette le sue mani sui loro avambracci, naturalmente in modo che non tocchi nulla con le sue «dita legate». I fedeli alla Santa Comunione si inginocchiano e non dicono nulla in risposta alle parole del sacerdote. La comunione è distribuita solo dal sacerdote, e solo nella bocca, con il fedele che si inginocchia e china leggermente la testa, e il sacerdote, con le dita purificate, mette l'ostia nella bocca del fedele. Nel farlo, fa attenzione a non toccare il credente e l'ostia stessa cade sulla lingua a causa dell'inclinazione della testa. Il sacerdote normalmente non mette la croce sulla fronte dei bambini. Tuttavia, quando i bambini sono abituati a questo gesto, il sacerdote fa il segno della croce sulla loro testa in modo che non li tocchi.
[27] Lekárnici za život – Slovensko: Stanovisko k problematike očkovania proti ochoreniu COVID-19, 18. 12. 2020. Disponibile on-line.
[28] E l'associazione ha anche pubblicato un popolare materiale educativo di più di 100 pagine, in cui descrive tutto e come l'industria farmaceutica oggi utilizza tessuti di bambini abortiti con la forza. Vedi Cagáňová, V.: Embryonálne a fetálne bunkové kultúry a línie a vakcíny v tieni epidémie nového koronavírusu. Čo môže veriaci lekárnik a pacient poznať, v čo môže veriť a čo smie robiť v konflikte so svojím svedomím? Disponibile on-line.
[29] I vescovi slovacchi, a differenza di quelli americani, non hanno dedicato quasi nessuno spazio nella loro posizione sulla vaccinazione ad una forte condanna della continua pratica farmaceutica di usare colture e linee di cellule embrionali e fetali derivate da aborti forzati per produrre vaccini.
[30] In una lettera ai vescovi tedeschi, Papa Benedetto XVI spiega: «Negli anni sessanta, quando bisognava tradurre in tedesco, sotto la responsabilità dei Vescovi, il Messale Romano, esisteva un consenso esegetico sul fatto che la parola “i molti”, “molti” in Isaia 53,11s, fosse una forma di espressione ebraica per indicare la totalità, “tutti”. La parola “molti” nei racconti dell’istituzione di Matteo e di Marco, sarebbe stata quindi un “semitismo” e avrebbe dovuto essere tradotta con “tutti”.»
[31] Lefébvre, M.: Lettre ouverte aux catholiques perplexes, Paris, Albin Michel, coll. « Lettre ouverte », 1985.
[32] L' attuale Codice di diritto canonico del 2019 regola l'infallibilità papale nel canone 749, § 1, che afferma: «Il sommo sacerdote è infallibile nel magistero in virtù del suo ufficio quando, come supremo pastore e maestro di tutti i fedeli, che ha il compito di rafforzare i fratelli nella fede, dichiara vincolante una dottrina di fede o morale con un atto definitivo.» E allo stesso tempo, il § 3 dello stesso canone dice: «Nessuna dottrina si intende infallibilmente definita se non è manifestamente certa». La Chiesa riconosce quindi finora solo due casi in cui l'istituto dell'infallibilità papale è stato invocato. La prima fu la promulgazione del dogma dell'Immacolata Concezione della Vergine Maria (1854) da parte di Papa Pio IX. Il modo in cui questo dogma fu proclamato dal Papa divenne anche l'impulso per l'adozione del dogma dell'infallibilità papale. Il dogma dell'infallibilità papale fu invocato una seconda volta nella promulgazione del dogma dell'Assunzione della Vergine Maria (1950) da Pio XII. Questo significa che dal Concilio Vaticano I, il Papa ha esercitato la sua prerogativa di infallibilità solo una volta.
[33] Perché la tradizione cattolica ci insegna in questo luogo della Sacra Scrittura che «qualunque cosa il superiore comanda, l'inferiore non può revocare; l'inferiore ha autorità dal superiore, e quindi non ha diritti contro il superiore. Chi obbedisce al signore superiore contro la volontà dell'inferiore è senza punizione, perché anche se il signore inferiore lo punisse, il superiore non gliela darà. Ma chi disobbedisce al superiore per amore del signore inferiore sarà punito, perché l'inferiore non può impedire il superiore, e quindi Dio, come signore supremo, deve essere obbedito più degli uomini». Vedere Písmo sväté. Nový zákon Pána Nášho Ježiša Krista. Časť I.: Evanjelia a Skutky Apoštolské. [Preložil Ján Donoval.] Trnava-Nagyszombat: Spolok svätého Adalberta (Vojtecha), 1913, p. 211. Nihil obstat: Richardus Osvald (1283/1912). Imprimatur: Ludovicus Rajner, Episcopus, Vicarius Generalis Archeppalis, Strigonii, die 29. Februarii 1912.
[34] Gv 14,15: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.»
[35] Gv 15,10: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.»
[36] A questo punto, la tradizione cattolica intende per pecore coloro che «dall'acqua e dallo Spirito Santo generano figli spirituali, cioè i fedeli» — cioè i sacerdoti. «San Pietro deve pascere, cioè amministrare sia i fedeli che i vescovi e i sacerdoti».
[37] Luca 5:4: «Duc in altum.»
[38] Per esempio, già nel 1969, 12 teologi cattolici romani, su istigazione dell'arcivescovo mons. La «Breve analisi critica del nuovo ordine della messa» di Marcel Lefebvre, che fu poi inviata a Papa Paolo VI dal cardinale Alfredo Ottaviani, che guidò il Sant'Uffizio dal 1959 al 1966, e dal cardinale Antonio Bacci. Per esempio, il documento critica l'errata definizione della Messa secondo il nuovo ordine della Messa, che è stata ridefinita dal Sacrificio del Calvario di Gesù Cristo secondo il modello protestante all'Ultima Cena. C'è stata una confusione tra la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica come se entrambe avessero lo stesso valore. Insieme alla rimozione delle preghiere «Suscipe, Sancta Trinitas», cioè «Ricevi, Santa Trinità», e «Placet Tibi, Sancta Trinitas», cioè «Santa Trinità, ti sia gradita», è stato rimosso il fine ultimo della Messa, che è l'offerta di lode alla Santa Trinità. Lo scopo immediato della Messa come sacrificio propiziatorio per la remissione dei peccati per i vivi e i morti è stato minato. Il nuovo ordine della messa, invece, sottolinea solo il nutrimento e il rafforzamento dei presenti. Anche lo scopo immanente della Messa, che è quello di rendere il sacrificio accettabile a Dio, è stato rimosso. Il nuovo Ordine della Messa rende la Messa uno scambio di doni tra l'uomo e Dio. E questo, purtroppo, potrebbe continuare all'infinito...
[39] Nel suo motu proprio Summorum Pontificum, Papa Benedetto XVI ha scritto sulla Messa di tutti i tempi: «Consta infatti che la liturgia latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dell’età cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato tanti popoli nella virtù di religione e ha fecondato la loro pietà.»
[40] Cfr. Concilio di Trento, Sessione XXII, 17 settembre 1562, Canone VII: «Se qualcuno afferma che i riti, i paramenti e i segni esteriori usati dalla Chiesa Cattolica nella celebrazione della Messa sono incitamenti all'empietà piuttosto che uffici di pietà, sia anatema.»
[41] Foederatio Internationalis Una Voce: Rapporto alla Congregazione per la Dottrina della Fede: Attuazione della Lettera Apostolica Summorum Pontificum nelle Diocesi di tutto il mondo, 2007-2020.
[42] Fino al 72% in Nord America, 69,2% in Europa centrale, 62,3% in Sud America, 60,4% in Asia, 57,5% in Oceania, 55,5% in Europa nordorientale, 51,7% in Europa nord-occidentale, 31,7% in Europa meridionale e 28,6% in Africa.
[43] Rituale omnium lat. rit. diœcesium slovacchiæ et subcarpatorussiæ. Ad instar appendicis ritualis romani cum approbatione sacræ rituum congregationis jussu et auctoritate omnium præsulum slovacchiæ, 1937. Promulgato da Pio XI, approvato da Laurenti, C., compilato da Vojtaššák, J.
[44] Concilio di Trento, Sessione XXII, 17 settembre 1562, Canone IX: «Se qualcuno dice che il rito della Chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole di consacrazione sono pronunciate in tono basso, o che la Messa deve essere celebrata solo nella lingua del popolo, o che l'acqua non deve essere mescolata con il vino da offrire nel calice, perché è contrario all'ordinanza di Cristo, sia anatema.»
[45] Sua Santità, ci permetta ora di farle conoscere i monumenti scritti dell'eredità slava glagolitica. Nelle biblioteche francescane in Slovacchia, padre Vševlad Jozef Gajdoš, OFM (* 1907 — † 1978) ha scoperto frammenti di pergamena in glagolitico. Secondo il luogo della loro scoperta li chiamò «Hlaholské listy hlohovské» e «Svätoantonský hlaholský fragment». Si tratta di lettere di un messale di rito romano scritto in glagolitico della fine del XIII o dell'inizio del XIV secolo, di provenienza croata, e di un frammento del Breviario glagolitico, che comprende le preghiere della Liturgia delle Ore della Chiesa Cattolica Romana in slavo antico. Padre Vsevlad Gajdos ha anche scoperto il «Codice glagolitico mediceo» quando, durante una ricerca sui fondi della biblioteca in Slovacchia, ha scoperto che il «Codex Sclavonicus Hieronymus» si trovava nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, con la dicitura «Psalterium Armenum». Grazie a questo, sono stati scoperti un breviario e un rituale in slavo antico incompleto e una traduzione completa della sequenza liturgica «Dies irae». Secondo padre Gajdoš, tutte queste reliquie arrivarono in Slovacchia grazie ai francescani croati, che all'inizio del XVIII secolo lavorarono in Slovacchia sotto il nome di «Franjevci trećoredci glagoljaši» («de litera Sclava, fratres Illirici»). Nel XVII secolo, il Messale Romano Glagolitico adotta la versione dello slavo antico che si conservava nel rito orientale bizantino. Pertanto, il Messale Romano pubblicato per ordine del Concilio di Trento (1570) fu tradotto in slavo antico secondo questo uso. Anche se questo rito ricordava ai croati il rito serbo-ortodosso, dovettero aspettare la fine del XIX secolo, cioè fino al 1880, quando papa Leone XIII, nel millesimo anniversario della bolla «Industriae Tuae», estese la festa dei santi Cirillo e Metodio a tutta la Chiesa romana con l'enciclica "Grande Munus". In esso, incoraggiava anche i popoli slavi che il rinnovamento della loro identità nazionale poteva essere sostenuto dal rinnovamento nella fede cattolica. Perciò, già nel 1893, su impulso di papa Leone XIII, il Messale glagolitico «Missale Romanum Glagolitice», curato dal canonico croato Dragutin Antun Parčić (*1832 — † 1902), fu pubblicato nuovamente nella versione glagolitica croata. La sua seconda edizione fu pubblicata nel 1896.
[46] Zentner, J. V. [ed.]: Glagolský mešní řád Římského misálu staroslověnsky doplněný o mešní texty pro svátky českých svatých, Panny Marie, a liturgické zpěvy. Červený Kostelec: Nakladatelství Pavel Mervart, 2020, 169 s., ISBN 978-80-7465-460-2.
[47] Il fatto che il «Regnum Hungariae» fosse anche il nostro regno è testimoniato, per esempio, dalla figura dell'arcivescovo slovacco, primate ungherese e viceré Juraj Pohronec Slepčiansky (* 1595 — † 1685). Ha partecipato alla protezione della nostra patria comune contro i turchi e alla liberazione dei territori cristiani occupati. Grazie a lui, il re polacco Giovanni III. Sobieski prese parte alla battaglia di Vienna (1683), in cui l'Europa cristiana sconfisse l'impero ottomano islamico e scongiurò l'islamizzazione dell'Europa per diversi secoli. A quel tempo, il primate slovacco d'Ungheria fece fare migliaia di medaglie per i difensori cristiani di Vienna con l'immagine della Vergine Maria dei Sette Dolori su un lato e il nome Maria sull'altro. O considerare la figura del cardinale Alexander Rudnay (* 1760 — † 1831), che fu anche primate e arcivescovo d'Ungheria, e che iniziò la costruzione della Basilica di Esztergom, una delle più grandi chiese d'Europa. Nel 1826, papa Leone XII lo nominò cardinale, ed è da questo periodo che ha origine il suo detto «Slavus sum, Slavus ero — et si in cathedra Petri essem, Slavus maneo», cioè «Sono uno slovacco e resterò uno slovacco — anche se sono sulla sede di Pietro, resterò uno slovacco».
[48] In primo luogo, le famiglie cattoliche slovacche erano sempre numerose — e spesso superavano le famiglie calviniste ungheresi per numero di nascite — la loro proprietà era molto diminuita, e quindi le famiglie dei nostri antenati rimanevano povere. L'unico modo per i ragazzi slovacchi dotati di talento di laurearsi era quello di unirsi a un ordine religioso o di studiare per essere un prete con il sostegno finanziario dei vescovi e di altri patroni cristiani. In secondo luogo, i monarchi asburgici come Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II erano in quel momento i portatori delle idee «illuministe» nel nostro paese, che avevano già portato a una rivoluzione socio-politica in Francia, alla diminuzione dell'influenza della Chiesa cattolica e alla sua liberalizzazione. Il clero cattolico ungherese, che aveva già resistito per più di 250 anni all'influenza della forte presenza dei calvinisti in Ungheria e dei luterani in Slovacchia, alla fine cedette a queste pressioni e in qualche misura si liberalizzò e sprotestò. O meglio, rifletteva più fortemente i temi portati dai protestanti, uno dei quali era l'enfasi sul ruolo delle lingue nazionali nella vita pubblica della Chiesa.
[49] E non era davvero un liberaldemocratico. Lo «Slavismo e il mondo del futuro» di Štúr è solo una conferma di questa tendenza conservatrice e controrivoluzionaria.
[50] Tra il 1793 e il 1796, sotto lo slogan «Pour Dieu et le Roi», cioè «Per Dio e per il Re», i difensori del cattolicesimo del dipartimento francese della Vandea si unirono contro l'esercito rivoluzionario repubblicano. Tra il 1913 e il 1945, i difensori del cattolicesimo in Slovacchia si unirono sotto lo slogan simile «Pro Deo et Patria», cioè «Per Dio e per la nazione».
[51] È necessario ricordare che Jan Hus (* 1369 — † 1415), come precursore del protestantesimo ed eretico condannato dalla Chiesa, è, purtroppo, ancora oggi per alcuni cattolici cechi, prima di tutto un «eroe nazionale». Il giorno del rogo di Jan Hus è un giorno commemorativo o festa nazionale nelle terre ceche dal 1925 fino ad oggi. Così, anche se i popoli delle terre ceche furono ricatolizzati con successo nei 160 anni dopo la battaglia della Montagna Bianca (1620), ci vollero solo 7 anni del regime di libero pensiero di T. G. Masaryk (* 1850 — † 1937) in Cecoslovacchia perché i popoli delle terre ceche tornassero
a credere nell'hussitismo.
[52] Ecco perché mons. Andrej Hlinka già un anno dopo la creazione della Cecoslovacchia — in nome della quale il nome della nazione slovacca divenne un semplice prefisso — dichiarò: «In questo breve tempo, i cechi violenti ci hanno causato più sofferenze di quante ne abbiano fatte gli ungheresi in mille anni. Ora sappiamo che “Extra Hungariam non est vita” [Fuori dall'Ungheria non c'è vita per noi]. Ricordate queste parole, il tempo darà loro ragione!».
[53] Legge costituzionale del 21 luglio 1939 sulla Costituzione della Repubblica Slovacca: «La nazione slovacca, sotto la protezione di Dio Onnipotente, si è mantenuta da tutta l'eternità nello spazio vitale ad essa destinato, dove, con l'aiuto di Colui dal quale deriva ogni potere e legge, ha stabilito il suo libero stato slovacco.»
[54] Nel caso della sua elezione, quindi, non c'è stata nessuna svolta storica o pressione da parte dei poteri. L'allora Reich tedesco e la sua ideologia del nazionalsocialismo guardavano il cattolicesimo con la stessa avversione del regime della Repubblica Cecoslovacca. Un prete cattolico non era certo il collaboratore dei loro sogni.
[55] Nel 2014, alla vigilia del 70° anniversario della Rivolta del '44, la Casa Natale del Presidente Tiso in collaborazione con la Nuova Slovacchia Libera ONG ha pubblicato un Syllabus di diffuse falsità sulla Rivolta del '44 in slovacco, inglese e francese, vedi https://29august1944.sk.
[56] Vedere Podolský, P. B.: Povstanie roku 1944: bolo národné, slávne, užitočné? Piate, upravené a doplnené vydanie. Bratislava: Post Scriptum, 2020. ISBN 978-80-8218-015-5.
[57] Padre Anton Šalát (* 1892 — † 1944) fu fucilato sul ponte, padre Ján Nemec (* 1911 — † 1944) fu trascinato dietro un carro e gli fu aperto il cranio, padre Rudolf Sched (* 1898 — † 1944) ebbe i denti d'oro strappati, una svastica fu incisa sulla sua schiena con un coltello e gli fu sparato, padre Martin Martinka († 1944) e lo studente del quinto anno di teologia Imrich Teplan (* 1921 — † 1944).
[58] Sul podio dove Sua Santità sarà a Košice, sarà posta una croce dell'evento della beatificazione di Anna Kolesárová, così come un reliquiario con le sue reliquie. Tuttavia, il contesto che presentiamo qui non sarà mai articolato in modo così chiaro e forte dagli organizzatori della vostra visita a Košice.
[59] Prendiamo l'esempio del già citato frate francescano, dottore in filosofia, storico, bibliotecario e pedagogo Vševlad Jozef Gajdoš, che fu allievo del professore ceco Jozef Vais, il quale partecipò alla pubblicazione del Messale glagolitico. Padre Gajdoš è stato membro di più di 20 società scientifiche tra il 1924 e il 1973. Al momento della fondazione dell'Accademia Slovacca delle Scienze e delle Arti, intervenne il presidente stesso, mons. Jozef Tiso al Provinciale dei Francescani per secolarizzare padre Gajdoš e liberarlo per lavorare come capo dell'Accademia delle Scienze. Tuttavia, padre Gajdoš non rinunciò mai ai suoi voti monastici e non si lasciò tentare da una carriera secolare. Dopo l'esecuzione del presidente mons. L'esecuzione di Jozef Tiso, padre Gajdoš creò un collage fotografico con una fotografia del presidente e la scritta «Martire slovacco» e ne riprodusse quasi trentamila copie. Per questo atto, il regime comunista lo condannò a ben 9 anni di prigione e 5 anni di perdita dei diritti civili onorari.
[60] Hanno dimenticato che lo scopo primario delle innovazioni liturgiche non era certo quello di sollevare da terra i nazionalismi delle piccole nazioni, ma solo di sopprimere uno dei principali strumenti dell'universalismo cattolico, e quindi di validità mondiale — la lingua latina — in una massiccia e sistematica offensiva contro la tradizione.
[61] Misál latinsko-slovenský. Trnava: Spolok sv. Vojtecha, 1952. Nihil obstat, die 29 Septembris 1952. Episcopus tit. Appianus Ambrosius.
[62] L'introduzione al periodo dell'Avvento (p. 60) è dominata da un grappolo d'uva e una spiga di segale. L'immagine si sposta nel periodo natalizio (p. 95), quando i doni sacrificali — già portati dai fedeli — si trasformano attraverso lo scambio tra Dio e l'uomo nella figura del bambino Gesù che sta — non più sull'altare, ma — sulla tavola sacrificale. Non è più Cristo che ha fatto il proprio sacrificio sulla croce, che come unico perfetto è accettato da Dio, ma è l'assemblea dei fedeli — invitati alla tavola dalla stessa Vergine Maria — e i frutti del loro lavoro (i doni sacrificali), dei loro talenti (il musicista con la tromba), del loro sapere (l'uomo con il libro) e della loro pietà (l'uomo con la chiesa), da cui nasce il bambino Gesù sulla tavola sacrificale. L'«admirabile commercium», o strano scambio, non consiste più nel Figlio di Dio che si fa uomo e noi umani che diventiamo figli di Dio. La congregazione si trasforma, nasce il bambino Gesù. I tre re (p. 132) portano i loro doni al sacerdote, che offre nuovamente il Santissimo Corpo e Sangue di Cristo sulla tavola sacrificale. All'inizio dell'Ordine della Messa (p. 502), il passaggio della Chiesa militante — cioè noi vivi — è raffigurato nella forma della spada e dello scudo alla Chiesa trionfante — cioè la schiera dei santi che ci hanno preceduto nell'eternità — raffigurata dalla corona di alloro. Tuttavia, questo passaggio non riguarda più esclusivamente il Corpo di Cristo, ma si sottolinea anche la presenza del calice con il Sangue di Cristo. L'autore va oltre e la rappresentazione tradizionale dell'unità del calice con l'ostia è sostituita da una pagnotta intera posta sopra il calice. Così, l'autore descrive non solo lo specifico della celebrazione liturgica della Messa post-conciliare in quanto tale, ma persino la sua performance «neocatecumenale» sessant'anni prima che le enormi ostie e la rottura dei pani diventassero parte della sperimentazione post-conciliare! La prefazione è seguita da un'illustrazione di Cristo crocifisso (p. 526), dal cui fianco sgorga il suo preziosissimo sangue. Sotto la croce è preso nel calice da una figura femminile con i capelli velati e senza aureola, quindi gli angeli hanno rinunciato a questo lavoro e ora una sacerdotessa è in carica — dovrebbe essere una prefigurazione dell'ordinazione delle donne? Tornando all'altro lato, il canone della messa è introdotto dall'immagine dell'ultima cena. Nel tempo di Pasqua (p. 552), di nuovo, Gesù siede su una tomba aperta, che è raffigurata in modo tale da assomigliare questa volta all'altare da cui egli nutre le sue pecore. A Pentecoste (p. 617) una colomba — che nella tradizione è una rappresentazione dello Spirito Santo — vola di nuovo dal cielo sulla tavola sacrificale, sorvolando le offerte, mentre altre colombe siedono sotto la tavola. Cosa dovrebbero rappresentare queste altre colombe? Altre ondate di Spirito Santo in altre chiese?
[63] «Davanti ad alcune basiliche romane c'è ancora oggi un pozzo dove i fedeli si lavavano quando andavano al Santo Sacrificio. Questo era necessario in parte perché ricevevano il Corpo di Cristo sulle loro mani nella Santa Comunione. Certamente da questa usanza nacque l'attuale fonte battesimale e l'aspersione prima della messa principale della domenica.» Misál latinsko-slovenský. Spolok sv. Vojtecha: Trnava, 1952, p. 499.
[64] Originale latino: «Tantum ergo Sacramentum, Veneremur cernui: Et antiquum documentum, Novo cedat ritui: Præstet fides supplementum Sensuum defectui».
[65] Vedi l'edizione più recente del JKS, inno n. 317: «Onoriamo questo glorioso Sacramento, pieghiamo devotamente le nostre ginocchia, sostituiamo l'antico culto con uno nuovo, sublime; aiutiamo i sensi che vengono meno, la fede con l'amore uniti.»
[66] Il testo del Breviario post-conciliare è stato approvato da Papa Paolo VI nella Costituzione Apostolica Laudis canticum del 1° novembre 1970.
[67] Vedi l'edizione più vecchia del JKS, inno n. 317: «Al Sacramento qui diamo riverenza, omaggio, cediamo al rito del passato, ai nuovi sensi la legge, all'insufficienza dei sensi la fede dia un sostituto.»
[68] Ma il progresso fu anche ostacolato da un inno altrettanto antico dello stesso autore, «Lauda Sion, Salvatorem», cioè «Loda, o Sion, il Salvatore», che veniva cantato come sequenza nella festa del Corpus Domini, e nel quale la liturgia esponeva tutta la dottrina dell'Eucaristia. Il Salvatore è qui chiamato da San Tommaso «duce» [originale latino: «Lauda, Sion, Salvatórem, lauda ducem et pastórem in hymnis et cánticis.»], cioè «leader», che prima della seconda guerra mondiale era tradotto come «uno che conduce», cioè «guida» [Vedi l'edizione precedente del JKS, inno #269: «Loda, o Sion, il Salvatore, loda il pastore, la guida, negli inni, nei canti, la sua croce»]. Tuttavia, apparentemente perché la denominazione «duce» e la radice della parola «leader» dopo la guerra evocavano il fascismo, o mons. Jozef Tiso, a cui apparteneva anche questo titolo, il cambiamento fu fatto, e il «Salvatore-Capo» divenne «Salvatore-Liberatore» [Vedi l'edizione più recente del JKS, inno n. 269: «Loda, o Sion, il Salvatore, — loda il Pastore, il Liberatore — con lode accorata»].
[69] Heriban, J.: Biblia: Sväté písmo Starého a Nového zákona. 12. vyd.. Trnava: Spolok svätého Vojtecha, 2013. ISBN 978-80-7162-996-2. Imprimatur: Joannes Sokol, Archiepiscopus — Metropolita, Tyrnaviae, die 6. Maii, 2003.
[70] Possiamo raccomandare al lettore la cosiddetta seconda traduzione completa slovacca delle Sacre Scritture, che fu pubblicata nel 1913-1926, mentre l'Antico Testamento fu tradotto anche da Andrej Hlinka. È da notare che ha lavorato alla traduzione nella prigione di stato di Szeged, dove fu imprigionato dalle autorità ungheresi dopo la cosiddetta «tragedia di Černová». Lì Martin Kollár gli inviò l'incarico di traduzione. Hlinka tradusse lui stesso parte dei libri dell'Antico Testamento, e parte di essi li distribuì tra i sacerdoti di Spiš, tra i quali c'era Ján Vojtaššák, altri erano Ignác Kojda, Viktor Milan, Ján Dorník e Štefan Kofrit. Le loro traduzioni furono inviate in prigione, dove Hlinka le correggeva e le combinava con gli importi che lui stesso traduceva. La traduzione era basata sulla Vulgata latina, al contrario della cosiddetta terza traduzione completa slovacca, che era basata sul greco.
[71] Kőrper-Zrínsky, K.: Prameň z Boha: modlitebná, obradná, omšová, rozjímačná a poučná kniha pre vzdelaných katolíkov. 5. vyd.. Trnava: Spolok sv. Vojtecha, 1948, p. 5.
[72] Konferencia biskupov Slovenska: Prosby na 70. výročie oslobodenia. 2015. Disponibile on-line.
Grazie Slovacchi!
Gli Slovacchi sono sempre stati grandissimi “disobbedi enti”.Ricordo che quando andai a Turzovka 25 anni fa era proibito dire messa sul luogo delle apparizioni, ma le messe erano ******tinue… finché hanno dovuto prendere atto del fatto compiuto ed erigere il santuario.
La loro “disobbedi enza” ci aiuterà nel prossimo futuro
Grazie Slovacchi!
Pavol Hnilica
Aggiungo un altro fulgido esempio slovacco di disobbedienza agli uomini per obbedire a Dio e di resistenza sotterranea:https://it.wikipedia.org/wiki/Pavol_Hnilica
In famiglia ho una persona molto cara che fece diversi viaggi ****** lui.
Monsignor Hnilica prega per noi!
Onore
Onore soprattutto a coloro che sono usciti allo scoperto, senza paura, e ****** la loro identità firmano un Rapporto che – quand’anche non sarà letto dal destinatario; non temo di esprimermi ****** un tempo dell’ indicativo – almeno sarà di stimolo e di incalcolabile appoggio ai tanti che optano per la clandestinità, senz’altro comunque preferibile all’ipocrita “obbedienz a” e “ unità” di facciata.